La Nuova Sardegna

Trovato un edificio sacro

di Claudio Zoccheddu
Trovato un edificio sacro

Il direttore degli scavi: lesioni minime, la pala ha solo “carezzato” una statua

28 luglio 2015
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CABRAS. Se fosse successo in un campo di calcio, le discussioni sarebbero durante all’infinito. Nello scavo di Mont’e Prama però manca la moviola e il contatto tra la benna del miniescavatore e i reperti recuperati venerdì sera può essere ricostruito solo interpretando i segni lasciati sul terreno e raccogliendo la testimonianza del responsabile dello scavo, l’archeologo della soprintendenza Alessandro Usai: «Una carezza che non ha causato alcun danno», racconta Usai riferendosi al colpo inferto dalla pala meccanica alla testa di un Gigante, la sedicesima recuperata finora. Ritornando alle metafore calcistiche, per sapere se il contatto è avvenuto dentro o fuori dall’area di rigore – e dunque se verrà giudicato rilevante ai fini del risultato - sarà necessario attendere il rapporto dei carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale e artistico che hanno visitato lo scavo e che sono stati tra i pochi a vedere i reperti rinvenuti quattro giorni fa e custoditi nel museo di Cabras.

I segni sul campo. Oltre alla “carezza” sulla faccia del guerriero di pietra, il miniescavatore ha colpito altri reperti. Le lastre che proteggono le tombe portano i segni del contatto in diversi punti: «Solo scalfitture, niente di rilevante – ha commentato Usai – Per riportare alla luce questa parte della necropoli dovevamo spostare 300 metri cubi di terra. Era impensabile farlo a mano, dunque è stato usato il miniescavatore come succede in tutti i cantieri di questo tipo. I danni sono marginali: non comprometteranno in alcun modo il risultato che intendiamo conseguire: risistemare le sepolture com’erano prima che venissero scavate negli anni ’70 per poi essere ricoperte senza troppi fronzoli».

Le giustificazioni. «Non potevamo sapere che le lastre erano state interrate in questo modo, ecco perché la benna ne ha toccate alcune». «Comunque si parla di arenaria, un materiale fragilissimo che spiega quanto possa essere facile graffiare uno di questi manufatti. Sarebbe potuto succedere anche utilizzando le cazzuole o i pennelli». Anche per i reperti più significativi Usai dice: «Sono sbucati da una zona già indagata da Alessandro Bedini nel 1975, non potevamo sapere che oltre alle tombe ci sarebbe stato un frammento di scultura. A ogni modo abbiamo proceduto, anche in questo caso, con la massima cautela».

I reperti. La lista dei ritrovamenti è stata confermata: una testa, alcune porzioni di busto, qualche gamba, un pugno e alcuni pezzi di arco. Tutti frammenti che provengono da una delle “discariche” che fa da sfondo all’area delle tombe, zone dove probabilmente venivano gettate le sculture danneggiate o abbattute. La novità più succulenta riguarda invece quella che fino a pochi giorni fa veniva descritta come una capanna nuragica: «Forse non è una definizione corretta. Abbiamo rinvenuto un’altra parte della struttura e adesso pensiamo che si tratti di un edifico cerimoniale. Non ci sono certezze, almeno per il momento, ma le dimensioni non sono quelle di una semplice capanna”, conclude Usai che, quando è costretto a ipotizzare le dimensioni del sito e la sua funzione, allarga le braccia: “Magari lo sapessi, magari».

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