La Nuova Sardegna

Murgia e Godard, la voce dura del jazz

di Silvana Porcu
Murgia e Godard, la voce dura del jazz

Con Patrice Heral per l’apertura dei Seminari di Nuoro

22 agosto 2015
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NUORO. Gavino Murgia ha aperto la prima giornata ufficiale della rassegna Nuoro Jazz giovedì sera con uno spettacolo in cui la musica ha sorpreso, raccontato, denunciato e infine riversato sul pubblico una massa sonora spumeggiante e piena di vita. Il rodatissimo trio con i colleghi francesi, Michel Godard alla tuba e Patrice Heral alle percussioni, inizia il suo viaggio dal tema dell’ultimo disco inciso insieme, “La mattanza”, un progetto nato in uno dei pochi luoghi in cui si pratica ancora la mattanza dei tonni: Carloforte. Il jazz, come ricorda il sassofonista nuorese alla platea dell’Auditorium dell’ISRE, è una musica che a lungo si è fatta megafono di proteste e rivendicazioni. Ed è con questo spirito che dà voce al suo racconto, con l’intento di denunciare la perdita di una pratica che per secoli ha scandito la cultura dell’isola, a vantaggio di nuovi metodi, apparentemente meno cruenti ma non meno nocivi.

Nelle mani di Godard, il suono profondo della sua tuba blu si trasforma in un respiro subacqueo, su cui l’improvvisazione del sax di Murgia inizia ad agitarsi, fino a dibattersi violentemente, cercando in tutti i modi di divincolarsi da ogni restrizione e aprirsi nuove strade. Questo mare sonoro in tempesta si placa quando Godard imbraccia il basso: la linea semplice su cui il trio costruisce il pezzo successivo è quasi un rifugio, un’insenatura dove l’ondeggiare calmo del sax è increspato di tanto in tanto dai guizzi di Heral. Ed è il percussionista a spingere questa brezza – i colpi alla batteria suonano come carezze, la sua voce è un soffio che riecheggia come un canto lontano – fino a trasformarla in un respiro sempre più impetuoso, un tornado che fa a brandelli tutto quello che incontra, in un ritmo spezzato e frenetico.

Momenti burrascosi come questi fanno letteralmente trattenere il fiato, salvo poi riprenderlo poco dopo, per esempio quando Godard riaffiora con il serpentone, lo strumento in legno dal suono arcaico e ambrato che si intreccia in modo sublime con il sax di Murgia. E non poteva mancare una delle tecniche che rendono il sassofonista un artista unico sulla scena internazionale: l’uso della voce, a metà tra il canto a tenore e il basso elettrico. Non importa quante volta si possa avere sentito da lui un’improvvisazione di quel tipo. Quello che ha perfezionato con gli anni è uno straordinario gioiello di tecnica incastonato tra i millenni di storia della Sardegna e l’elettronica. Capita di pensare – soprattutto in periodi di crisi – che non valga la pena di vedere un artista che magari si è ascoltato in altre manifestazioni, o con altri progetti, soprattutto se è un conterraneo. Perché tanto, comunque, non mancheranno altre opportunità. Se qualcuno, giovedì sera, è rimasto a casa con questa motivazione, ha perso un’occasione.

E c’è ancora tanto da ascoltare. A partire dal concerto di questa sera alle 21: “Peace”, l’omaggio dei Seminari nuoresi a Marco Tamburini, scomparso tre mesi fa. Il trombettista, arrivato ai seminari nuoresi nelle ultime edizioni, aveva conquistato in fretta gli allievi come insegnante in aula e come compagno di scorribande sonore in jam session. A ricordarlo, tutti i docenti: Emanuele Cisi (sax), Fulvio Sigurtà (tromba), Giovanni Agostino Frassetto (flauto), Cinzia Spata e Francesca Corrias (voci), Dado Moroni e Roberto Cipelli (pianoforte), Marcella Carboni (arpa), Bebo Ferra ed Enrico Merlin (chitarre), Paolino Dalla Porta e Salvatore Maltana (contrabbasso), Stefano Bagnoli (batteria), con la presenza di Paolo Fresu alla tromba.

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