La Nuova Sardegna

È caccia aperta al basista

di Gianni Bazzoni
È caccia aperta al basista

Gli investigatori sono certi che il commando avesse informazioni dettagliate

03 settembre 2015
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SASSARI. La banda che ha assaltato il furgone portavalori sulla statale 131, all’altezza del bivio per Bolotana, ha completato martedì notte il rientro a casa. L’ultima traccia è il suv Tucson (quello portato via a una veterinaria rimasta intrappolata durante la rapina) e utilizzato - da una parte del commando - per la fuga. L’auto è stata trovata completamente bruciata, ieri mattina alle 6.30 da un pastore nelle campagne di Torralba, in località «Tuvaru». Sono stati avvertiti i vigili del fuoco, i carabinieri e sul posto è arrivata la polizia Scientifica con gli investigatori della squadra mobile che si occupano delle indagini dirette dal sostituto procuratore della Repubblica di Sassari Cristina Carunchio.

L’altra auto usata dai banditi, l’Alfa 147 rubata a Olbia, invece, era stata già ritrovata nella zona di Foresta Burgos. Sui due mezzi, ma anche sul camion e sulla Multipla, oltre che sul Pajero (anche questo bruciato) sono già in corso gli esami della Scientifica alla ricerca di impronte e di qualsiasi altro elemento che possa consentire di risalire a qualche componente della banda.

Il basista. Una parte degli investigatori della Mobile di Sassari, guidati dal dirigente Bibiana Pala, è al lavoro fin dai primi momenti per cercare di scoprire il basista della rapina che avrebbe fruttato un bottino vicino ai 500mila euro. É un compito delicato, come sempre difficile, perché si devono confrontare frequentazioni, conoscenze, anche semplici incontri all’apparenza casuali. Una attività che si sviluppa con il passare delle ore con una serie di servizi tecnici che - a volte - consentono di aprire nuovi fronti nelle indagini.

Gli investigatori sono certi che il commando formato da una decina di persone (almeno otto quelle notate sulla scena) avesse informazioni precise che sono risultate fondamentali per l’esecuzione di un piano quasi perfetto. Non solo orari e percorsi, ma anche altri dettagli che hanno permesso anche di scegliere il punto in cui entrare in azione, a pochi metri dalla cava di pietre dove sono stati prelevati il camion e il Pajero, oltre alla Multipla «rapinata» al volo a un pastore (e non un dipendente dell’azienda di estrazione come era stato affermato in un primo momento): l’uomo è stato bloccato, minacciato con le armi e immobilizzato con delle fascette da elettricista.

Quella frase. C’è una frase, tra quelle pronunciate dai banditi che ha richiamato l’attenzione degli investigatori. È quel «ci hanno fregato», ripetuta più volte ad alta voce da uno dei malviventi che viene tenuta in evidenza. Il rapinatore l’avrebbe pronunciata dopo il tentativo andato a vuoto di aprire le valigette con le banconote, contro le quali tra l’altro sono stati esplosi anche diversi colpi di fucile. A cosa si riferiva? E che cosa è andato storto in quel momento se le informazioni ricevute, come sembra, erano molto precise?

Sopralluoghi. Non è escluso che una parte della banda, che sicuramente ha un nucleo esecutivo di livello superiore, abbia effettuato dei sopralluoghi nella zona dove è stato messo a segno il colpo: al chilometro 156 dove è scattata la rapina, e al 152 (dall’altra parte, in direzione Sassari) dove è stato posizionato il Pajero rubato e dato alle fiamme, con la carreggiata cosparsa di chiodi e una corsia «riservata» per l’Alfa 147 che ha percorso alcune centinaia di metri contromano. La banda potrebbe anche avere effettuato delle prove di percorrenza per testare i tempi, verificando anche gli orari di ingresso al lavoro nella cava.

Analogie. Quando si parla di rapinatori esperti, in genere si intende che hanno già avuto esperienze nel settore. In Sardegna negli ultimi anni ci sono state un paio di rapine importanti e gli investigatori non escludono che alcuni dei banditi entrati in azione martedì mattina possano avere fatto parte di altri gruppi. Così come non si esclude che un modulo possa avere avuto un ruolo anche in colpi messi a segno nella Penisola. Si lavora confrontando azioni, armi usate, spostamenti, contatti frequenti e attività svolte da anche fuori dalla Sardegna.

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