La Nuova Sardegna

arte

L’isola e le sue “grandi madri” raccontate dal Seuna Lab

di Cecilia Mariani
La suite dedicata a Edina Altara
La suite dedicata a Edina Altara

Il progetto per la nuova ala del Residence Grandi Magazzini di Nuoro. Undici suite allestite da sei giovani artisti e dedicate ad altrettante donne sarde

04 ottobre 2015
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Pubblichiamo l’introduzione di Cecilia Mariani al catalogo edito da Poliedro che illustra l’iniziativa realizzata dal Residence Cicalò di Nuoro insieme con il collettivo Seuna Lab. Ai sei arirtisti del collettivo è stato proposto di realizzare liberamente un certo numero di opere (36 ne risultano infine) cucite sull’ipotesi di disegnare, nelle nuove undici stanze del residence che ora vengono inaugurate, un percorso unitario per ambienti diversificati, con lo scopo di interpretare la vita e l’opera di undici donne esemplari della Sardegna.

La riconversione di uno storico spazio commerciale nuorese come i Grandi Magazzini Ruju Cicalò – al numero 1 di via Dalmazia, fondati nel 1962 dall’imprenditore Pietrino Cicalò – in una struttura alberghiera con ventisei mini-appartamenti, di cui undici ora dedicati ad altrettante artiste sarde, riesce a riunire in sé le caratteristiche del progetto tanto ambizioso dal punto di vista aziendale e architettonico quanto esteticamente e concettualmente coerente. Non solo l’edificio, ribattezzato dal 2011 Residence Grandi Magazzini, è stato modificato in base alle nuove necessità e finalità d’uso, secondo una formula che vuole coniugare le bellezze naturali e l’offerta culturale del capoluogo barbaricino con una proposta residenziale a tutti gli effetti contemporanea, all’avanguardia nelle soluzioni tecnologiche e nel design degli interni. Ora, con l’inaugurazione della nuova ala del complesso alberghiero, è la stessa idea di pernottamento e di soggiorno che è stata sottratta alla dimensione meramente ordinaria della sosta a pagamento, per essere coniugata con una peculiare esperienza di incontro con alcune tra le maggiori esponenti del Novecento sardo, in ambito letterario e musicale oltre che nel campo delle arti visive e applicate.

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Vale già la pena notare, di passaggio, come sia curioso e significativo che questa dedica abbia come sua ambientazione proprio i locali di un ex-Grande Magazzino, vale a dire l’emblema occidentale e borghese di quella modernità economica e commerciale nata nel solco tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e arrivata a Nuoro solo nel secondo dopoguerra. Perché è proprio in questa sede bifronte del benessere e del peccato che la donna – a partire dalla donna mondana per eccellenza, quella francese, l’iconica parisiènne – sarebbe sempre stata il principale soggetto (attivo) e oggetto (passivo) dei meccanismi del mercato: voyeuse, buyer e merce al tempo stesso. Qui, invece, in un’ala del Residence totalmente rinnovata, undici donne non comuni, alcune delle quali tra le principali protagoniste del Novecento isolano, si identificano non con l’idea domestica e implicitamente segregante di casa o, peggio, con l’area semantica della compravendita, bensì con il senso più ampio di un’accoglienza calorosa ma mai servile nei confronti dell’ospite: per riceverlo, raccontargli una storia – la propria, quella di un’isola – e, allo stesso tempo, interrogarlo.

Undici ambienti per undici donne, undici nomi familiari sia a un pubblico locale e regionale sia, spesso, anche italiano e internazionale. Sono: la scrittrice e Premio Nobel Grazia Deledda (Nuoro, 1871-Roma, 1936); la pittrice Francesca Devoto (Nuoro, 1912- 1989); l’illustratrice, decoratrice, designer e stilista Edina Altara (Sassari, 1898-Lanusei, 1983); le sorelle Coroneo, ovvero le artiste, illustratrici e artigiane Giuseppina (Cagliari, 1896-1978) e Albina (Cagliari, 1898-1994); la pittrice e designer di gioielli Verdina Pensé (Alghero, 1913-1984); l’imprenditrice Olimpia Melis Peralta (Bosa, 1887-1975); la ricamatrice Luisa Fancello (Dorgali, 1910-1982); l’illustratrice e autrice di incisioni Anna Marongiu (Cagliari, 1907-Roma, 1941); l’artista Maria Lai (Ulassai, 1919-Cardedu, 2013); le cantanti e cantautrici Marisa Sannia (Iglesias, 1947-Cagliari, 2008) e Maria Carta (Siligo, 1934-Roma, 1994).

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Ad evocarne le “magnifiche presenze”, il collettivo Seuna Lab, gruppo di artisti nuoresi attivo dal 2006, caratterizzato da un radicamento corale alla realtà del capoluogo e da una polifonia espressiva che anche in questa occasione (con l’eccezione di alcuni esiti insoliti e sperimentali) si è esplicitata nelle diverse soluzioni tecniche e stilistiche adottate di preferenza dai suoi componenti: incisione per Pasquale Bassu (1979), pittura per Gianni Casagrande (1963), installazione, stampa e scultura per Vincenzo Grosso (1977), scultura per Sergio Fronteddu (1982), installazione, pittura e collage per Stefano Marongiu (1977) e Vincenzo Pattusi (1978). Chiamati a confrontarsi con le figure femminili in questione – in un dialogo che ha voluto tenerne presenti sia le vicende biografiche sia le rispettive e peculiari eredità più propriamente estetiche, approcciate in modo diretto o mediate dall’attuale stato degli studi – i sei artisti hanno instaurato con queste matres potenzialmente ingombranti “una corrispondenza di amorosi intelletti” (più che di “sensi”) andata oltre il mero e prevedibile omaggio, come invece ci si sarebbe potuti aspettare da parte di ricerche più giovani: sia rispetto ad alcune tra le più grandi e note interpreti della scena culturale isolana del secolo passato (come Grazia Deledda e Maria Lai), sia nei confronti di quelle figure, per così dire, minori, che meglio ebbero modo di esprimersi in una dimesione sostanzialmente privata o squisitamente popolare (come nel caso di Luisa Fancello). Così, ogni ambiente risulta, sì, abitato dalla presenza della figura femminile cui esso è dedicato, ma al tempo stesso indelebilmente permeato dalla lettura personale datane dalle riconoscibili sensibilità poetiche e stilistiche di Bassu e Casagrande, Grosso e Fronteddu, Marongiu e Pattusi.

Primo pregio del suggestivo risultato è il suo non ricorrere al semplicistico stereotipo, il suo non rifugiarsi nell’ancora più scontato encomio; al contrario, in questi “ritratti”, non mancano di affiorare – come fiumi carsici di inchiostro, pittura e colla – i fiotti sommersi delle aporie, delle incongruenze e delle inquietudini che accompagnarono le artiste nei rispettivi percorsi esistenziali ed estetici. Al visitatore il compito di decifrarne il gioco di specchi e di sguardi, limpidi e insieme obliqui, e di accoglierne l’invito a un viaggio del pensiero che, nella temporanea permanenza in queste nuove stanze, vuole avere solo la sua prima tappa.

© POLIEDRO, Nuoro, 2015

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