La Nuova Sardegna

La buona vita comincia quando si apre un libro

di Grazia Brundu
La buona vita comincia quando si apre un libro

Il dibattito su sapere e benessere psicofisico organizzato da “Lìberos” a Sassari Dalla ricerca scientifica la dimostrazione della correlazione tra cultura e felicità

20 ottobre 2015
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. «La lettura è una cura, ma i bravi medici sono troppo pochi». Almeno in Sardegna. E almeno in rapporto alla scuola dell’obbligo, visto che l’isola, insieme alla Sicilia, è al top nazionale dell’abbandono scolastico. La “diagnosi” arriva dall’assessore regionale alla Cultura Claudia Firino, e rispecchia i dati Istat secondo i quali un quarto dei ragazzi sardi non va oltre la terza media. I “bravi medici”, per l’assessore, dovrebbero essere prima di tutto le famiglie, magari aiutate da quella percentuale regionale stimolante di una biblioteca ogni 5mila abitanti. Così, con un po’ di incoraggiamento, i più giovani accrescerebbero quel 45 per cento di sardi lettori, che mantiene l’isola nella zona alta della classifica nazionale per quanto riguarda la fruizione di romanzi e quotidiani.

Ha delineato luci e ombre della realtà sarda, Claudia Firino, durante il suo intervento alla quarta edizione del convegno annuale di Stile Lìberos, organizzato a Sassari lo scorso fine settimana, all’Hotel Carlo Felice, dall’associazione Lìberos. Ne fanno parte varie librerie della Sardegna (capofila nel Nord dell’isola “Koinè” di Aldo Addis) e comunità di lettori, oltre a scrittori apprezzati come Marcello Fois e Michela Murgia.

Quest’anno il meeting si è interrogato su «Che valore ha la felicità? La cultura e il benessere psicofisico”, chiamando a rispondere letterati come i già citati Fois e Murgia (ma anche Alessandro Bergonzoni in collegamento Skype), bibliotecari, giornalisti, medici e studiosi, tra i quali Enzo Grossi, docente di Cultura e salute presso l’Università di Milano.

Il convegno ha tracciato un’immagine dell’Italia sempre più consapevole, almeno in linea di massima, dell’equazione «più cultura = più benessere fisico e sociale». Una specie di «welfare culturale» capace di incidere sulla salute delle persone, riducendo l’incidenza di disturbi legati a stress, incomunicabilità, solitudine. E di conseguenza anche di far calare i costi sociali per certe patologie psicosomatiche. Ha illustrato il concetto lo studioso Enzo Grossi: «Non solo la lettura di romanzi, che è al terzo posto tra le attività culturali degli italiani – ha spiegato – ma anche la visita ai musei, andare a teatro o ai concerti, praticare sport o dedicarsi al volontariato sono attività che aiutano ad interagire, a fare nuove conoscenze e ad accrescere il benessere psicologico e fisico». Grossi ha citato studi nazionali e internazionali che dimostrano come «la percezione del bello sia in grado di stimolare l’attività cerebrale. In pratica – ha detto – chi durante il giorno ritaglia qualche ora per leggere un libro, fare sport, guardare un film ha una mente più lucida e reattiva di chi non lo fa».

Forse per questo da qualche anno stanno nascendo, soprattutto nel nord Italia e a Milano in particolare, biblioteche di condominio, dove persone di ogni età si incontrano per leggere e discutere di libri, per socializzare, programmare attività e condividere esperienze. Peccato però che, come ha ricordato Grossi, «in Italia ancora l’otto per cento della popolazione ha un indice di partecipazione culturale pari a zero, il che significa che durante il giorno non pratica nessuna attività culturale».

Se è vero che, quando si parla di cultura, l’iniziativa spontanea di piccoli gruppi è fondamentale, è altrettanto vero che le istituzioni devono fare la loro parte.

Proprio di questo si è parlato, prendendo in esame la situazione della Sardegna, durante l’intervento dell’assessore regionale alla Cultura Claudia Firino, intervistata dal giornalista di SkyTg 24 Gianluca Semprini. La situazione sarda è in un certo senso schizofrenica. Da una parte, infatti, la Sardegna è stabile nelle posizioni alte della classifica delle regioni italiane per quanto riguarda la lettura di romanzi e quotidiani sia cartacei che online. Dall’altra, però, insieme alla Sicilia è al top dell’abbandono scolastico. In pratica, la sfida è accendere l’interesse culturale nei giovanissimi.

Da queste considerazione ha preso il via una riflessione sulla riforma della «Buona scuola» e, nello specifico, sul numero di insegnanti che hanno dovuto lasciare l’isola quest’anno per trasferirsi in altre sedi o che dovranno farlo l’anno venturo. Firino ha cercato di dipingere un quadro tranquillizzante. «Quest’anno – ha detto – solo 10 insegnanti hanno lasciato la Sardegna e tutti per loro volontà». E il prossimo anno scolastico? «Non siamo ancora in grado di prevedere quanti saranno – ha risposto – ma stiamo continuando a lavorare perché siano meno possibile». Alla domanda sui fondi per le biblioteche e per i lavori di ristrutturazione degli edifici scolastici ha risposto che è vero che gli stanziamenti in bilancio non sono aumentati, però, se questo può consolare, non sono nemmeno diminuiti. «Abbiamo dato priorità agli strumenti strutturali più urgenti, anche se se resta ancora da fare, e inoltre bisognerebbe costruire nuove scuole perché la maggior parte di quelle esistenti risale agli anni Settanta del secolo scorso».

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative