La Nuova Sardegna

La pentola anti-spegnimento? L’hanno inventata i sardi prenuragici

di Valeria Gianoglio
L'archeologa Maria Ausilia Fadda
L'archeologa Maria Ausilia Fadda

Bollilatte, pani decorati e tanto altro: in uno studio su “Archeologia viva” Maria Ausilia Fadda svela i segreti della cucina antica

20 ottobre 2015
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NUORO. Progenitori sì, abitanti del Neolitico pure, ma tutt’altro che sprovveduti o disorganizzati, soprattutto in tema di cucina e cottura dei cibi. Vasi a tre piedi per cuocere i cibi alla perfezione, bollilatte che evitavano il traboccamento del liquido al loro interno, persino un’antesignana delle moderne pentole anti-spegnimento: altro che primitivi, insomma, i barbaricini del Bronzo medio, erano non solo cuochi abili ma anche grandi sperimentatori di nuovi metodi di cottura dei cibi. Lo spiega per bene, in un suo articolo dal titolo “Antichi sardi in cucina” pubblicato sulla prestigiosa rivista “Archeologia viva” e basato sui suoi scavi tra Baronia, Ogliastra e non solo, l’archeologa nuorese Maria Ausilia Fadda. «In Sardegna – scrive, infatti, la studiosa e ricercatrice – durante le fasi del Neolitico recente e finale, si ebbe una vera esplosione dell’arte decorativa, applicata soprattutto alla produzione dei manufatti per il cibo».

Estetica sì, dunque, ma da buoni barbaricini attaccati alle cose pratiche, anche quella funzionale ai bisogni primari della sopravvivenza. Tra le prime invenzioni dei progenitori dei nuoresi, spiega la Fadda sulla base dei suoi scavi fatti anche tra Baronia e Ogliastra, ci fu anche una invenzione che si rivelò davvero geniale, per la cottura dei cibi: si trattava di un tripode. Un vaso sostenuto da tre piedi che serviva per cuocere i cibi a diretto contatto con il fuoco. Ma non basta: i sardi del Bronzo medio erano così intelligenti, a quanto pare, che avevano aggiunto alcune decorazioni plastiche al tripode in questione, ma allo scopo principale di rendere più resistente il punto più vulnerabile del vaso-pentola.

E tra le altre invenzioni dei barbaricini ante litteram, secondo gli studi dell’archeologa che tra le altre cose è anche componente del centro studi territoriali dell’Accademia italiana della cucina, c’è anche i primogeniti delle più moderne pentole “anti-spegnimento”, ovvero di quei contenitori per la cottura dei cibi che prevedono un sistema per evitare che il liquido al loro interno trabocchi e spenga il fuoco. Si trattava di un vaso-contenitore con una tesa interna che, come spiega l’esperta nel suo articolo su “Archeologia viva”, «migliora la funzione specifica della bollitura con una soluzione che impedisce il traboccamento dei liquidi e il conseguente spegnimento del fuoco: la tesa interna favorisce l’ossigenazione, impedendo la formazione dello strato di coagulazione delle panna o dei bolliti di carne e legumi, che provocano appunto la fuoriuscita dei liquidi».

E sempre nell’età del Bronzo medio, come spiega ancora la studiosa, nei sistemi di cottura un ruolo piuttosto importante lo ricoprirono anche alcuni tegami del tutto simili alle attuali teglie che venivano utilizzati dai progenitori dei barbaricini per cuocere il pane o le focacce. «Le pareti interne di alcuni tegami – spiega ancora la Fadda nel suo articolo – erano decorate a crudo con uno strumento a pettine che veniva usato insieme a stecche e brunitoi per ottenere diverse composizioni che durante la cottura lasciavano le impronte sulle focacce».

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