La Nuova Sardegna

Violenza sessuale: chiesti 6 anni per Deidda

di Mauro Lissia
Violenza sessuale: chiesti 6 anni per Deidda

Per il pm il sindaco e l’ex vicesindaco di Domusnovas hanno palpeggiato e ricattato due precarie

20 ottobre 2015
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CAGLIARI. Angioletto Deidda, il sindaco di Domusnovas, rischia sei anni e mezzo di carcere. È stato il pm Alessandro Pili a chiedere la condanna dell’ex consigliere provinciale del centrodestra, colpevole per l’accusa di tentata concussione, violenza sessuale aggravata e minacce per aver compiuto atti gravissimi su due giovani precarie che lavoravano in municipio per conto della cooperativa Domus servizi srl. A loro, secondo l’accusa, Deidda aveva offerto il rinnovo del contratto di lavoro in municipio in cambio di prestazioni intime, che gli sono state negate. La stessa pena è stata sollecitata dal pubblico ministero per Marco Cuccu, che all’epoca dei fatti era vicesindaco.

Finiti davanti al giudice con la sola accusa di maltrattamenti, era stato il gup Cristina Ornano a disporre che la Procura contestasse ai due amministratori anche le imputazioni di tentata concussione e di violenza sessuale aggravata perché i due amministratori avrebbero commesso la violenza sessuale abusando della qualità e dei poteri di pubblici ufficiali.

La vicenda, stando alla ricostruzione dell'accusa e della parte civile patrocinata dall'avvocato Anna Maria Busia, è questa: siamo nell'estate del 2010 quando due giovani donne impegnate a lavorare in una cooperativa di pulizie convenzionata con il comune di Domusnovas si presentano alla caserma dei carabinieri per denunciare di aver subìto molestie pesantissime da parte dei due amministratori a partire dall'inverno del 2006. I militari ascoltano e mettono a verbale un racconto a dir poco imbarazzante: si parla di promesse di continuità nel lavoro da scambiare con disponibilità di altro tipo («cosa sei disposta a fare per mantenere il lavoro?») fino a palpeggiamenti, seguiti al rifiuto opposto dalle due donne. L'indagine parte e un rapporto dettagliato finisce in Procura. La relazione dei militari riferisce dei toccamenti proibiti, di tentativi espliciti e piuttosto invasivi di andare oltre il rapporto di lavoro e degli avvertimenti conseguenti da parte di Cuccu: «Non dire nulla altrimenti perdi il lavoro».

L’inchiesta parte, sindaco e vicesindaco si difendono negando con decisione ogni fatto. Ma il pm Pili va avanti e chiude l'indagine con un'imputazione comunque pesante: maltrattamenti. Ed è qui che entra in gioco il giudice Ornano, quando il 30 maggio di due anni fa, alla prima udienza preliminare, interviene sulle conclusioni del pubblico ministero. Nelle promesse di lavoro con riferimenti espliciti alla disponibilità sessuale per il giudice si configura il reato di concussione, vale a dire l'estorsione realizzata dal pubblico ufficiale. Ma non solo: quelle effusioni piuttosto moleste messe in atto subito dopo non sono altro che una delle forme della violenza sessuale, aggravata dall’abuso di autorità. Il pm Pili però si allinea solo in parte alla valutazione del giudice: non c'è concussione, ha argomentato Pili, perché l'estorsione non si è realizzata a causa della reazione delle vittime. Quindi solo il tentativo, seguito dalla violenza sessuale, cui si aggiungo le minacce. Una serie di fatti che le due vittime hanno raccontato nei minimi dettagli al dibattimento a porte chiuse davanti al tribunale presieduto da Mauro Grandesso.

La discussione andrà avanti il 16 novembre con l’intervento dell’avvocato Busia per le due parti offese, cui seguiranno i difensori Patrizio Rovelli e Maria Grazia Monni. La sentenza dovrebbe arrivare il 14 dicembre, dopo le eventuali repliche del pm e della difesa.

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