La Nuova Sardegna

La lingua e le isole Shetland e Sardegna, il suono del silenzio

di Antonio Mannu
La lingua e le isole Shetland e Sardegna, il suono del silenzio

di Antonio Mannu SASSARI «Quello che resta dopo che tutto è stato letto. È questa la grandezza della poesia!» Così Giuseppe Serpillo, docente alla Facoltà di Lettere, ha concluso l'intenso incontro...

24 ottobre 2015
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di Antonio Mannu

SASSARI

«Quello che resta dopo che tutto è stato letto. È questa la grandezza della poesia!» Così Giuseppe Serpillo, docente alla Facoltà di Lettere, ha concluso l'intenso incontro di ieri con la poetessa Christine De Luca, ospitato nei locali della Biblioteca Comunale. L'appuntamento faceva parte delle iniziative del festival Ottobre in poesia, in corso di svolgimento a Sassari e dintorni. Christine de Luca è una delle più importanti voci della poesia contemporanea scozzese, è nata nelle Shetland, è cresciuta a Waas, piccolo centro abitato della Mainland, l'isola principale dell'arcipelago. De Luca scrive in inglese e in shetlandico, il dialetto delle sue isole. Si occupa attivamente della salvaguardia e trasmissione della sua lingua madre. A Sassari, accompagnata da Francesca Romana Paci, che ha curato la traduzione in italiano del suo “Dat Trickster Sun”, ha letto in lingua originale diverse composizioni. Le poesie sono state anche proposte in italiano e, in alcuni casi, in lingua sarda.

Con Christine De Luca abbiamo parlato di isole, di lingua e di poesia. Nel leggere i suoi versi la mia impressione è che lei, spesso, muova da suggestioni e storie intime e personali, anche mutuate dalla cronaca e dal quotidiano, per giungere poi ad una dimensione più vasta e universale. «E’ ciò che cerco di fare. Per portare la realtà verso l’emozione penso sia necessario partire da se, ma con la volontà di stabilire un contatto con gli altri e la speranza che ciò che si dice possa aver senso anche per loro. Non so se riesco sempre, ma certo questa è la mia intenzione».

Lei è cresciuta in un'isola. Questo ha influenzato la sua vita? E il suo rapporto con la scrittura e la poesia?

«Ha avuto ed ha un’enorme influenza. Sono nata nelle Shetland, dove ho trascorso i primi 18 anni di vita in una piccola comunità rurale. Sono cresciuta circondata dal nostro dialetto, una lingua ricca e autentica, e sono bilingue, ho appreso sia l’inglese che lo shetlandico sin da bambina. A 18 anni ho lasciato le Shetland per andare a studiare ad Edinburgo. Da allora vivo in quella città. Ma non era il mio piano, io volevo tornare alle mie isole. Poi mi sono sposata, ho divorziato, mi sono risposata e la mia vita l'ho fatta ad Edinburgo. Questo in qualche modo ha spezzato il rapporto con la mia terra e la mia lingua. Credo che scrivere, in particolare in dialetto, sia stato un modo per ristabilire un legame con quel fondamentale ed intimo inizio alla vita. Questo mi ha anche spinto a pensare a cosa potevo restituire alle Shetland. Lavoro come volontaria e cerco di insegnare ai bambini a leggere e scrivere nella nostra lingua. Perché tradizionalmente il nostro dialetto lo si è per lo più solo parlato».

C’è però una tradizione di scrittura in shetlandico? E avete pubblicazioni o trasmissioni radio o televisive?

«Sì, si scrive in particolare poesia. La Bbc trasmette tutti i giorni, per mezz’ora, un programma in dialetto. Ogni tanto ci sono anche trasmissioni speciali, che sono molto popolari nelle isole. Abbiamo un giornale, lo Shetland Times, e una piccola e preziosa rivista culturale, The New Shetlander, che esce quattro volte l’anno. Questa pubblicazione è molto importante per la salvaguardia della nostra lingua».

Attualmente è parlata diffusamente?

«La si parla meno. Quando ero ragazza nelle zone rurali tutti parlavano autentico shetlandico. Nelle città il dialetto era più diluito con l’inglese e meno ricco. L'anno cruciale è stato il 1970, quando è iniziato lo sfruttamento del petrolio del Mare del Nord e le Shetland sono diventato un grosso terminale petrolifero. Questo ha determinato una forte migrazione verso le nostre isole. Sono arrivati anche nuovi insegnanti. Tutt'a un tratto per i bambini l’inglese è diventata la lingua più utilizzata, spesso l'unica. A casa rispondevano in inglese ai genitori che gli parlavano in dialetto. Questo ha impoverito la lingua ed è stato un grande problema, anche perché all’epoca non fu avviata alcuna politica di tutela. Si è cominciato oltre vent’anni dopo».

Una lingua è solo uno strumento di comunicazione o anche un modo di essere, che influenza la maniera in cui vediamo il mondo?

«Penso sia difficile separare i pensieri dalla propria lingua. La cultura è immersa nella lingua e la lingua nella cultura. Vengo da un luogo geograficamente limitato, che ha una lingua a suo modo limitata anch'essa. Questo porta a guardare oltre, a non restare isolato, a superare i limiti. Anche quelli linguistici. Questo influenza il modo in cui sentiamo il mondo, specie il mondo vasto, l’altrove. Accade anche con la lingua. In shetlandico non abbiamo molti termini astratti: se dobbiamo rendere un concetto immateriale partiamo da una lingua molto pratica e diretta. Muoviamo dal concreto verso l’astratto».

Può dirci qualcosa in più sullo shetlandico?

«Le Shetland, sino al 1500, appartenevano al regno Norvegese-Danese e si parlava il norn. In quel periodo diventammo scozzesi attraverso un matrimonio. Arrivarono sulle isole nuovi abitanti che portarono la loro lingua, che era una sorta di antico inglese. Il norn resistette ma pian piano fu sostituita da un ibrido tra lo scozzese e la vecchia lingua: il nostro dialetto attuale».

A cosa serve la poesia?

«Non so se sia di grande utilità pratica, ma se vogliamo sapere qualcosa sull'essere umano credo sia utile leggere buona prosa e buona poesia. Credo che attraverso buone letture impariamo ad essere migliori. Ed è un nutrimento spirituale ed emotivo, innalza la lingua, fissa l’essenza dell’umano. Si, credo che la poesia abbia anche uno scopo pratico».

“Ottobre in poesia” prosegue oggi alle 10,30 al Teatro Civico con l'assegnazione del Premio Città di Sassari. Alle 18, lungo le vie del centro, L’ArmataDiVersi, performance con gli studenti del Liceo Segni di Ozieri. Alle 18 e 30 di nuovo al Teatro Civico per una lunga serata che si concluderà con l'imperdibile “The Arcanes & H. eart Muscle”, letture poetiche con Jack Hirschman e Agneta Falk.

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