La Nuova Sardegna

Allarme salumi, le aziende sarde: «Il ministero faccia chiarezza»

di Luca Fiori
Allarme salumi, le aziende sarde: «Il ministero faccia chiarezza»

I produttori contestano l’Oms: «La notizia inganna e può minare la fiducia dei consumatori»

28 ottobre 2015
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SASSARI. Il contraccolpo non sarà immediato, ma i danni al mercato per la diffusione dello studio che ha messo sul banco degli imputati carni rosse e insaccati come responsabili di tumori - al pari di alcool e tabacco - si vedrà nel tempo, sarà quasi una morte lenta. È quello che temono i produttori di salumi dell’isola.

Dopo l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità i produttori di salsicce e prosciutti si guardano intorno spaesati e cercano un appiglio. Sperano in una contro campagna informativa che racconti con la stessa forza con cui è stato lanciato l’allarme che non tutta la carne rossa fa male.

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«È sconcertante vedere con quale facilità è stato creato un allarmismo tra la popolazione assolutamente ingiustificato - spiega Michele Battacone responsabile della Salumeria Sarda, l’azienda che ha rilevato il Salumificio Murru di Irgoli - nessun elemento a disposizione dello studio dell’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro può dimostrare che le salsicce o i prosciutti fatti in Italia e in Sardegna fanno male. La ricerca che ha fatto tanto scalpore - continua Battacone - non tiene conto del fatto che gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Paesi, come gli Stati Uniti, e che i cibi sotto accusa come hot dog, bacon e affumicati non fanno parte della tradizione italiana».

L’allarme però ormai è stato lanciato e anche se il consumo di carne degli italiani con 78 chili a testa in un anno è ben al di sotto di Paesi come gli Stati Uniti con 125 chili a persona, il rischio di un ulteriore diminuzione di consumi dovuto alla paura è forte. «Prima che sia troppo tardi - conclude Battacone - Ministero della Salute e Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare facciano chiarezza, spiegando alla popolazione che ci sono tante distinzioni da fare».

Secondo Antonio Sale responsabile del Salumificio Bardana di Chilivani «non è corretto generalizzare parlando di carni lavorate senza tenere conto delle modalità di lavorazione e degli additivi usati. La carne che lavoriamo nel nostro stabilimento - precisa Sale - arriva da aziende di Parma che fanno della qualità un marchio di fabbrica. Il nostro salumificio - continua Sale - ha ottenuto un prestigioso riconoscimento dalla guida “Grandi Salumi” del Gambero Rosso. Ho il sospetto che questi allarmi vengano lanciati di tanto in tanto per favorire qualcuno a scapito di altri - conclude Sale - perché non si parla con la stessa enfasi delle morti per tumore a Porto Torres o in altre zone in cui ci sono stabilimenti industriali?».

Il timore di Daniela Falconi titolare delle Fattorie del Gennargentu di Fonni è che a perdere di più da tutta questa campagna informativa saranno le piccole aziende. «Il nostro salumificio dà lavoro a trenta persone e ha un fatturato di otto milioni di euro - spiega Daniela Falconi - dobbiamo difenderci da questa disinformazione, ma le istituzioni devono essere al nostro fianco. La Regione dovrebbe investire sui prodotti locali e sulla tutela dei marchi Igp - conclude - perché solo in questo modo possiamo riconquistare la fiducia dei consumatori».

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