La Nuova Sardegna


Detenuto di Desulo ucciso a Padova: sotto torchio 25 carcerati in semilibertà e due religiosi

di Enrico Ferro
Il luogo del ritrovamento del cadavere di Antonio Floris (nel riquadro)
Il luogo del ritrovamento del cadavere di Antonio Floris (nel riquadro)

L’assassino ha atteso nel buio Antonio Floris e lo ha colpito alle spalle: le indagini adesso si concentrano all’interno della comunità di recupero dei Padri Mercedari

11 novembre 2015
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PADOVA. Dopo averlo ucciso a bastonate, trascinato per quindici metri in mezzo alla campagna e sepolto sotto una catasta di legna, l’assassino è tornato sul luogo dell’agguato e ha tentato di lavare il sangue rimasto a terra. Chi ha ucciso Antonio Floris, il detenuto desulese di 61 anni ospite della comunità di recupero dei Padri Mercedari, aveva tutto l’interesse a nascondere ogni traccia.

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Due religiosi, 25 carcerati in semilibertà e qualche eco che torna da un passato burrascoso. La chiave per risolvere il giallo si nasconde in questa cerchia di persone. Il delitto è stato commesso sicuramente dopo le 20.30 di venerdì 6, dunque gli investigatori stanno analizzando con attenzione tutti gli alibi. I 25 detenuti (ma anche i due padri) dovranno rispondere a una serie di domande e le tesi saranno poi incrociate con ulteriori riscontri.

Perché se c’è un punto fisso nell’ultima serata di Antonio Floris, è la cena. Dopo aver lavorato come ogni giorno nell’angolo di campagna gestito dalla comunità religiosa, ha mangiato insieme a don Giovannino e ad altri ospiti. Intorno alle 20.30 ha salutato tutti ed è uscito in cortile per recuperare la bicicletta e tornare come sempre al carcere Due Palazzi, dove stava scontando sedici anni di galera per due tentati omicidi. Il detenuto sessantunenne è stato aggredito alle spalle dentro la baracca.

Il suo assassino l’ha colpito con una prima bastonata alla nuca. Lui si è girato e ha alzato il braccio destro per difendersi ma è arrivata una seconda bastonata che gli ha staccato l’orologio dal polso. Floris è caduto a terra e lì è stato finito con altri colpi inferti alla testa. È stato poi trascinato all’esterno e sepolto sotto i ceppi di legno in aperta campagna, nelle vicinanze della canaletta di scolo.

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L’assassino, poi, è tornato nel capanno e con l’acqua della pompa ha provato a lavare le macchie di sangue rimaste a terra nella rimessa. Quando dal carcere hanno comunicato alla direzione del centro di accoglienza il mancato rientro di Floris (all’incirca verso le 23), i due padri e alcuni detenuti hanno trovato la bicicletta ancora incatenata con lo zainetto e l’orologio a terra. Il selciato era bagnato e nessuno riusciva a capirne il motivo.

La mattina successiva, con la luce, sono comparse le macchie di sangue. Alcune più nitide, altre diluite dall’acqua. Gli investigatori della Squadra mobile non stanno trascurando neppure l’ipotesi della vendetta legata al passato criminale di Antonio Floris.

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