La Nuova Sardegna

Ottana, troppe morti legate all’amianto

Paolo Merlini
Ottana, troppe morti legate all’amianto

Denuncia dell’associazione nazionale per la tutela degli ex lavoratori ammalati di patologie correlate all’asbesto

12 novembre 2015
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OTTANA. «I tecnici esterni che arrivavano per le bonifiche indossavano tute bianche e guanti speciali, coprivano il viso con maschere che a noi ricordavano quelle antigas da guerra. Ci guardavamo e commentavamo: sono proprio scemi. E ridevamo. Qualche anno dopo abbiamo capito che gli ingenui eravamo noi che lavoravamo senza alcuna protezione. Loro si mettevano al riparo dall’amianto». È la drammatica testimonianza di un ex operaio dell’Anic-Enichem di Ottana su quanto accadeva nello stabilimento a ridosso del terzo millennio, negli anni ’90 e forse anche qualche tempo dopo.

Il risultato? Decine e decine di morti per patologie asbesto correlate, cioè legate all’assunzione di fibre d’amianto attraverso la respirazione, e centinaia di lavoratori entrati in contatto con il materiale killer, fuorilegge in Italia dal 1992. I dati ufficiali sulle bonifiche a Ottana parlano di 139mila e 940 chili di amianto estratto in varie forme dai diversi reparti dello stabilimento: una quantità enorme anche per dimensioni, visto che l’amianto ha un peso specifico poco elevato. E si parla delle bonifiche avvenute alla luce del sole: probabilmente infatti non sapremo mai nulla delle sostanze, amianto ma non solo, smaltite prima del 1992 in modo illegale, magari sotterrate proprio all’interno dello stabilimento.

Quasi 140 tonnellate di amianto, decine e decine di morti per tumori asbesto correlati, altrettante persone che lottano contro la malattia o vivono nell’incubo di averla in qualche modo in incubazione, che può durare anni: dati che legittimano più di un sospetto. Eppure per le istituzioni, regionali e statali, demandate alla salute dei cittadini e dei lavoratori all’Anic-Enichem di Ottana non ci fu esposizione all’amianto.

Per denunciarlo ieri a Ottana sono scesi in campo i vertici nazionali e regionali dell’Aiea, l’associazione italiana esposti amianto, e di Medicina Democratica, che hanno convocato una conferenza stampa all’indomani della presentazione alla procura della Repubblica di Nuoro di un esposto in cui chiedono che si faccia chiarezza su quelle morti ufficialmente senza colpevole. “Il caso Ottana: giustizia per le vedove dei lavoratori ex esposti amianto”, recitava il titolo dell’incontro che si è svolto nel Centro polifunzionale, teatro di tante assemblee sulla fabbrica che nel bene e nel male condiziona la vita degli ottanesi da poco più di quarant’anni a questa parte. Erano presenti anche le vedove di alcuni operai, intervenute per raccontare le sofferenze dei propri mariti e le difficoltà burocratiche e legali incontrate per il riconoscimento dei loro diritti.

«Contrariamente a quanto affermato da Eni e dalle relazioni Contarp/Inail – scrivono nell’esposto Piergiorgio Duca, presidente nazionale di Medicina Democratica, e Mario Murgia, vice presidente nazionale Aiea – l’utilizzo di amianto presso gli stabilimenti del polo industriale della chimica di Ottana era imponente, e il contatto con fibre aereodisperse del minerale era tutt’altro che sporadico. Tutte le maestranze venivano costantemente e in maniera massiccia a contatto con il materiale nelle sue svariate forme; ma certamente con la più pericolosa, quella in polvere, in fibre aerodisperse. Tra gli ex operai del polo dell’industria chimica di Ottana – continuano – sono numerosi i lavoratori deceduti per mesotelioma, per carcinoma polmonare, per tumori della laringe e della lingua, o malati di leucemie e di patologie asbesto correlate».

Gli autori dell’esposto chiedono giustizia per le vedove, che hanno diritto a un risarcimento per la morte legata a una malattia professionale (c’è solo un caso a Ottana in cui la battaglia legale di una donna è andata a buon fine); ma anche il riconoscimento dei diritti per gli ex operai che combattono con le malattie correlate all’assunzione di amianto, o dei lavoratori che invano avevano chiesto lo scivolo di 5 anni verso la pensione previsto dalla legge per essere stati esposti all’amianto. Perché nella Sardegna centrale quel diritto è stato negato? È la domanda che fa Mario Murgia, che di Ottana nei primi anni ’70 è stato tecnico progettista, per poi lavorare in una fabbrica gemella a Pisticci, in provincia di Matera. «Lì è stata riconosciuta l’esposizione all’amianto, e così in altri stabilimenti. Per quale motivo Ottana è stata ignorata?». Murgia punta il dito contro la Asl, dove il problema non sarebbe mai stato preso in considerazione con l’avvio degli speciali protocolli sanitari previsti dalla legge. E contro l’Inail, che avrebbe sempre negato una verità sotto gli occhi di tutti.

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