La Nuova Sardegna

Morto Licio Gelli, cominciò in Sardegna nel ’45 la parabola del burattinaio della P2

di Piero Mannironi
Licio Gelli
Licio Gelli

Alla Maddalena il primo contatto con la massoneria dopo la fuga dalla Toscana. Gli affari con la moglie Wanda e la delazione agli uomini del Sim a Buoncammino

17 dicembre 2015
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Il giudizio più tagliente su di lui lo diede un sardo di Villaputzu: Armando Corona, ex gran maestro della massoneria del Gran'Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani. In un'intervista alla Nuova del dicembre 1993 disse infatti: «Licio Gelli un burattinaio? Ma no, al massimo è stato un burattino nelle mani degli americani». Corona conosceva molto bene il silenzioso e complesso universo delle logge. E conosceva molto bene il grande maestro della onnipotente loggia Propaganda 2. Infatti, come presidente della corte centrale massonica, il 31 ottobre del 1981, decretò la sua espulsione senza appello dalla fratellanza. C'era un altro sardo nel collegio dei giudici che operavano nel mondo segreto dei templi dalla "volta stellata": Mario Giglio, sassarese, protagonista dell'irresistibile ascesa e del rovinoso tramonto della Banca Popolare di Sassari.

Per una strana nemesi, se due sardi avevano decretato la fine di questo luciferino tessitore di trame oscure, proprio in Sardegna era cominciata la sua avventura in quel mondo labirintico nel quale si incontravano strategie atlantiche, servizi segreti e massoneria.

Licio Gelli sbarca in Sardegna all’inizio del 1945. Deve cambiare aria perché nella sua Pistoia rischia di essere ucciso. Lui, fascista e repubblichino, alla fine del 1943 capisce che il suo mondo sta finendo e cerca così un contatto con Comitato di liberazione nazionale della sua città. Ci riesce e offre ai partigiani la sua collaborazione. Comincia così un pericoloso doppiogioco nel quale “vende” i suoi camerati, ma non senza molte ambiguità. Il clima per lui diventa pesantissimo e decide di rifugiarsi in Sardegna, alla Maddalena, dove vive una sorella sposata con un sottufficiale di Marina. Il 12 gennaio del 1945 il capo del Cnl di Pistoia, il comunista Italo Carobbi, gli fornisce un lasciapassare e una scorta armata fino a Roma. Da qui Gelli parte per Napoli da dove si imbarca per Cagliari.

Il suo nome è già conosciuto dal Cic (Counter intelligence corp), il servizio segreto delle forze armate americane. A fine gennaio Gelli è alla Maddalena con la moglie Wanda Vannacci, sposata il 16 dicembre 1944. Pensa di essere finalmente al sicuro. E qui mette su un lucroso commercio. Si accorge infatti che in Sardegna manca un po’ tutto, anche il filo per cucire e gli aghi. Si fa così spedire partite di filo di cotone da un suo amico di Lucca e lo vende in rocchetti da 50 metri. Viaggia per tutto il nord Sardegna e si spinge fino alla Barbagia. «Non c’erano soldi - racconterà - e allora quella brava gente mi pagava in oro. Sì con quegli splendidi monili che adornavano i costumi tradizionali».

E sempre alla Maddalena entra in contatto per la prima volta con la massoneria. Diventa infatti amico dell’avvocato Marchetti, affiliato alla loggia Giuseppe Garibaldi. «Fu lui - dirà poi Gelli - a parlarmi per primo della massoneria e io ne rimasi affascinato, soprattutto per la segretezza e il mistero che la circondava».

Ma Gelli fa un passo falso: chiede una licenza di commercio per regolarizzare la propria posizione e i carabinieri della Maddalena trasmettono una richiesta di informazioni alla questura di Pistoia. I carabinieri scoprono così che quel giovane toscano era ricercato per vari delitti commessi sotto il fascismo e soprattutto per il sequestro di Giuliano Bargiacchi, figlio di un collaboratore dei partigiani. Dopo un primo interrogatorio, Licio Gelli viene trasferito prima a Sassari e poi al carcere di Buoncammino, a Cagliari.

È qui che “nasce” il Gelli delle trame e dei rapporti con ambienti oscuri. In cella chiede di incontrare gli uomini del Sim (Servizio informazioni Difesa). «Perché - dice - ho notizie riservate di grande importanza». Fornisce agli agenti segreti una lista di 56 nomi di collaborazionisti della Repubblica Sociale e dei nazisti redigendo una scheda dettagliata per ognuno di loro. Entra così nella sfera dei servizi di intelligence.

Non esiste prova documentale che a Buoncammino Gelli sia stato contattato anche dagli uomini dell’Oss (Office of Strategic Service), il servizio segreto Usa che diventerà dopo un anno la Cia, ma alcune testimonianze parlano di emissari del potentissimo James Jesus Angleton. Di certo c’è che Gelli fu per anni un agente del Sid (Servizio informazioni difesa) con il nome in codice “Filippo”.

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