La Nuova Sardegna

Sassari, nulla sotto l’albero per i 190 dipendenti della Cedi Sigma

di Luca Fiori
Sassari, nulla sotto l’albero per i 190 dipendenti della Cedi Sigma

Da 90 giorni la protesta pacifica davanti ai cancelli. Il 25 lavoratori e familiari si ritroveranno nello stabilimento

21 dicembre 2015
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SASSARI. La letterina a Babbo Natale in questi giorni fa più male di quella del licenziamento arrivata il 19 luglio scorso. Quel lungo elenco di regali che la figlia di 4 anni ha fatto scrivere dalla maestra, accanto al disegnino dell'omone bianco con la barba, per Mario Onali, 41 anni, carrellista di Muros, ex dipendente del Cedi Sigma di Codrongianos è una lama nel petto.

Sarà un Natale di angoscia e disperazione per i 190 lavoratori rimasti senza lavoro dopo il fallimento delle trattative tra i sindacati e il Consorzio Europa Sigma Italia che sembrava intenzionata a rilevare l’azienda. «Purtroppo quest’anno non potrò accontentare mia figlia – spiega con dolore il carrellista che dal 2000 lavorava nello stabilimento alle porte di Sassari – e questa è la cosa che mi fa più male in questo momento».

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Il giorno di Natale molti degli ex dipendenti del Cedi Sigma si ritroveranno nella tenda bianca davanti ai cancelli dello stabilimento di Codrongianos, che da ottanta giorni è diventata il quartiere generale di una protesta pacifica che va avanti insieme alla speranza di riprendere a lavorare. «Verremo qui anche il 25 – spiega Mario Onali – e cercheremo di farci coraggio a vicenda. Alla mia bambina forse riuscirò a fare solo uno dei regali che ha chiesto a Babbo Natale – commenta il carrellista – con due mensilità arretrate, tredicesima, quattordicesima e tfr che al momento sono solo un miraggio e con l’assegno di disoccupazione che non mi è stato ancora consegnato di più non potrò fare».

A pochi giorni da Natale, mentre nei centri commerciali a pochi chilometri da qui si sgomita per una confezione di gamberoni o per uno smartphone di ultima generazione, in questa lingua d’asfalto consumato, che corre accanto alla 131, un gruppo di uomini che ha perso il lavoro ma non la dignità, parla di speranza accanto a un alberello spoglio a cui qualcuno ha appeso un panettone. «Non vogliamo assistenza o compassione – spiega Pietro Merella, 45 anni, carrellista sassarese – vogliamo solo riavere il nostro lavoro». Quindici anni di esperienza nel centro di distribuzione che prima riforniva tutta l’isola, una moglie che fa qualche lavoretto per tirare avanti e due figlie che hanno imparato da sole la parola rinuncia.

«Siamo disperati – spiega senza troppi giri di parole l’ex dipendente del Cedi – sarà un Natale molto triste. Per fortuna alcuni di noi possono contare sull’aiuto dei genitori o di qualche parente – aggiunge – e in questo modo si riesce ad andare avanti. Chi non ha questa fortuna non ha più neanche le forze e i mezzi per venire qui al presidio per portare avanti la protesta».

All’interno della tenda bianca piazzata dai lavoratori c’è qualche birra, una caffettiera e un paio di panettoni. «Ogni tanto – spiega Luca Cuggia, 39 anni sassarese – qualcuno ci porta qualcosa per farci coraggio. A volte una bombola del gas, a volte delle pizze nel cartone. Sarà il Natale più brutto della mia vita – ammette – ho due figli piccoli, uno di 4 anni e l’altra di sei mesi, mia moglie non lavora e con l’assegno di 780 euro della disoccupazione che ho ricevuto non riuscirò a coprire tutte le spese della famiglia e il mutuo».

A casa di Giuseppe Ledda, 47 anni, di cui 19 trascorsi nello stabilimento Cedi, i problemi sono gli stessi. «L’unico stipendio era il mio – spiega l’operaio – è umiliante dover spiegare ai propri figli che questo sarà un Natale povero. Il 25 verremo qui con le nostre famiglie, con la speranza che il prossimo anno si possa riprendere a festeggiare davanti a una tavola imbandita».

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