La Nuova Sardegna

Il cane ferito è stato salvato dai bambini

di Giovanni Bua
Il cane ferito è stato salvato dai bambini

Ploaghe: Santiago, raggiunto da una fucilata durante una battuta di caccia, operato in Clinica ora lotta per sopravvivere

27 dicembre 2015
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SASSARI. Santiago forse ce la farà. Il complicato intervento di oltre quattro ore a cui è stato sottoposto ieri mattina nella Clinica veterinaria dell’università è andato bene. L’osso della mandibola, andato in necrosi, rimosso. La lingua, indispensabile per la sua sopravvivenza in via di lento miglioramento. «Ora è in terapia intensiva – spiega il direttore del dipartimento Eraldo Sanna Passino –. La prognosi è riservata, ma il cane è stabile e attualmente non corre pericolo di vita».

Il petardo. Un finale dolce per quello che, il pomeriggio della vigilia era iniziato come un incubo. Santiago è un meticcio. Un cane di quartiere, che a Ploaghe tutti conoscono. La sera del 24 arriva una richiesta di soccorso all’Asl. A raccoglierla Taxi Dog, di Andrea Loriga, che poco lontano dai giardini comunali trova una scena orrenda: il randagio, non chippato, ha il muso devastato, la mandibola fracassata e la lingua semicarbonizzata. Il gruppo di ragazzi che lo attende insieme al vicesindaco del paese, Gerolamo Masala, che è anche un veterinario Asl, parla confusamente di petardi. La lesione a prima vista è compatibile con l’esplosione di un “botto” dentro o vicino alla bocca del cane.

La rete. Loriga furente posta su facebook: «I genitori imparino a educare i propri figli» e pubblica le foto choc dell’animale martoriato. «Una scelta difficile, perché so quanto fossero forti e crude quelle immagini – spiega –, ma so altrettanto bene quanto sia importante sensibilizzare l’opinione pubblica». In poche ore vengono visualizzate un milione e mezzo di volte, in rete esplode l’indignazione.

Pronto soccorso. Nel mentre Santiago viene portato d’urgenza a Sassari e stabilizzato. E, una volta addormentato, una nuova verità salta fuori. Nel muso martoriato dell’animale ci sono inconfondibili segni di un colpo d’arma da fuoco ad anima liscia con munizione intera. Il foro d’entrata e di uscita di un pallettone da caccia grossa, aperta giovedì 24, con battute in corso anche nell’agro di Ploaghe. Che ha spaccato l’osso della mandibola in due punti, fracassato l’arcata superiore e danneggiato gravemente la lingua.

La fucilata. «Forse un colpo di rimbalzo – sottolinea Gerolamo Masala, che ieri ha operato il cane precedentemente accolto e stabilizzato dalla collega Isabella Ballocco – sicuramente non a bruciapelo e difficilmente volontario». Sulla vicenda comunque indagherà la Procura, avvisata dal pronto soccorso universitario, visto che i maltrattamenti sugli animali sono reato penale.

La comunità. Quel che è certo però è che i ragazzini di Ploaghe, finiti per mezza giornata nel tritacarne mediatico, non c’entrano nulla. Anzi, l’animale, dopo esser stato colpito, si era rifugiato nel giardino comunale, e il gruppo di giovani lo ha visto e cercato di fermare per ore, mentre attivava la procedura per il pronto soccorso veterinario. Quando il taxi dog è arrivato il cane era “confinato” in un cespuglio di rovi dentro cui, dolorante, si era rifugiato. L’intervento di quei ragazzi, che stanno facendo una colletta per accollarsi eventuali spese, è stato provvidenziale.

Gli eroi. «Dispiace – sottolinea il sindaco di Ploaghe Carlo Sotgiu – che i nostri giovani siano stati messi alla gogna per un fatto mai accaduto. La nostra comunità ha il massimo rispetto per gli animali. E lo dimostra il fatto che, anche per tutelare loro oltre che le persone, il giorno prima dei fatti abbiamo emanato un’ordinanza che limita l’utilizzo dei botti alle aree private. Per Santiago faremo tutto quello che è in nostro potere per aiutare ad accertare eventuali responsabilità». Un rispetto che ha salvato Santiago, che ieri malconcio, ma vivo ha ricevuto, nonostante il giorno di festa, molte visite alla clinica di via Vienna. «Alcuni – chiude Gerolamo Masala – ci hanno chiamato eroi per averlo operato. In realtà gli eroi sono altri, quelli del San Giovani Battista, o del Cedi, che non hanno i soldi per mangiare e vanno avanti lo stesso. Noi abbiamo fatto solo il nostro lavoro».

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