La Nuova Sardegna

Verso il Gran Sasso i lingotti romani di Mal di Ventre

di Sabrina Zedda
Verso il Gran Sasso i lingotti romani di Mal di Ventre

Consegnati all’Istituto nazionale di fisica nucleare Serviranno agli studi sulle particelle subatomiche

19 gennaio 2016
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Chi avrebbe mai pensato che i neutrini, le più sfuggevoli tra le particelle subatomiche conosciute, sarebbero potuti essere studiati grazie agli antichi romani? La storia sembra la trama di una bella favola moderna, ma è tutto vero: ieri dalla Sardegna trenta lingotti di piombo, rinvenuti su una nave romana inabissatisi più di duemila anni fa nei fondali davanti all’isola di Mal di Ventre, sono partiti alla volta dei Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). Si tratta dell’ultima partita di un carico che conta circa 300 lingotti, attraverso cui potrà prendere il via l’esperimento “Cuore” (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events) sullo studio dei neutrini.

Si entra così nel vivo di una mole di attività partite negli anni scorsi, che toccano trasversalmente chimica, fisica e archeologia. E che vedono coinvolti, oltre agli studiosi dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, con i suoi laboratori nel Gran Sasso a 1.400 metri sotto terra, quelli delle Università di Sassari e di Milano Bicocca e della Soprintendenza archeologica della Sardegna.

Tutto parte per caso agli inizi degli anni Novanta, quando un sub avvista il relitto: una nave della prima età romana, fatta inabissare forse di proposito dal suo stesso comandante per sottrarre il prezioso carico a mani nemiche. A bordo ci sono anche centinaia di lingotti di piombo, ciascuno del peso di circa 30 chili, per un una lunghezza di 46 centimetri e un’altezza di nove. «Quando vengo informato di quella scoperta – racconta Ettore Fiorini, ideatore del progetto Cuore – capisco che si tratta di un fatto straordinario: quei lingotti avevano grandi proprietà». Il piombo è, infatti, un elemento che contiene una piccola percentuale di radioattività. Quest’ultima, però, ogni vent’anni circa si dimezza. Nel caso del lingotti ritrovati significa che quel piombo è ormai “pulito”. E poiché il piombo può assorbire elementi dall’esterno senza esserne contaminato, e non rilascia fuori alcuna sostanza, è l’elemento ideale per compiere esperimenti altrimenti impossibili, nella certezza che nessun elemento esterno possa inficiarne il risultato. Nel caso del progetto “Cuore”, con il piombo arrivato dalla Sardegna saranno schermati i laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare del Gran Sasso per studiare i neutrini: in particolare sarà analizzato un fenomeno fisico rarissimo chiamato “doppio decadimento beta senza emissione di neutrini”, che potrebbe fornire importanti informazioni sulla materia e l’antimateria.

Parallelamente vanno avanti altre attività importanti: un gruppo interdisciplinare di ricerca dell’Università di Sassari, guidato dal fisico (e rettore) Massimo Carpinelli, sta lavorando per scoprire la composizione fisico-chimica del piombo usato. Sinora le analisi hanno permesso di stabilire che si tratta di piombo proveniente dalle miniere della Spagna.

Per la Soprintendenza archeologica la ricerca è straordinaria perché, dice il soprintendente Marco Minoja, «permette di portare avanti un percorso di studi sui centri di produzione del di piombo, uno dei materiali principali del mondo romano, usato ad esempio per gli acquedotti, ma anche come materiale per l’edilizia, perché in grado di unire le lastre di pietra».

Chissà quali saranno i risultati finali delle ricerche. Nel frattempo si plaude alla capacità di lavorare insieme: «Quest’esperienza – dice Fernando Ferroni, presidente dell’Infn – ci ha insegnato come mondi anche molto distanti tra loro possano ricongiungersi, per una messa in comune di dati e conoscenze».

In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu
Le nostre iniziative