Appuntamento in edicola coi Mamuthones
SASSARI. Sono forse le maschere più conosciute del carnevale sardo, tanto da essere diventate uno dei simboli dell’intera isola. Oggi in edicola con il giornale i lettori della Nuova Sardegna troverà...
SASSARI. Sono forse le maschere più conosciute del carnevale sardo, tanto da essere diventate uno dei simboli dell’intera isola. Oggi in edicola con il giornale i lettori della Nuova Sardegna troverà la seconda stampa della serie dedicata alle maschere del carnevale sardo, nella quale il disegnatore Luigi Crobu ha ritratto un «mamuthone» e un «issohatore» (lanciatore di laccio) in azione. Maschere affascinanti e per certi versi ancora misteriose, dato che ancora ci si chiede se esista un legame tra il «clima» che si respira nel paese e il radicamento che le sue maschere hanno saputo stabilire in questa comunità di origine e poi anche in tutta la comunità isolana. Può darsi che la convivenza tra pastori e contadini abbia determinato caratteri di bonomia, di maggiore inclinazione alle «leggerezze» del Carnevale.Ciò non toglie che interpreti e studiosi continuino a cogliere nelle due maschere – più nel «mamuthone» che nell’«issohatore» – elementi di tristezza e persino di tragicità. Di sicuro l’interesse dei ricercatori è sempre crescendo, le maschere si sono fatte conoscere ovunque, e il paese ha saputo valorizzarle sino a metterle al centro di un (visitatissimo) «Museo delle Maschere mediterranee». Naturalmente ci si chiede tuttora cosa significhino le maschere di legno che coprono i visi; il groviglio di campanacci che il «mamuthone» porta sulle spalle, e naturalmente la «soha», il laccio che l’«issohatore» usa scherzosamente per catturare qualche spettatore. Le ipotesi sono diverse ma una volta che ci si trova ad assistere alla sfilata – specie se si ha l’opportunità di farlo proprio a Mamoiada – non resta che abbandonarsi semplicemente al fascino suggestivo quanto misterioso dello spettacolo.