La Nuova Sardegna

Per Capo Ceraso tenne per sé 300mila euro

Per Capo Ceraso tenne per sé 300mila euro

L’ex ergastolano mediò tra un pastore e una società del gruppo Fininvest per un terreno a sud di Olbia

27 gennaio 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. L’arresto arrivò del tutto inaspettato all’alba del 10 giugno 2013. Fino ad allora Graziano Mesina, graziato dal presidente Ciampi nel 2004, era un ex bandito che aveva pagato i conti con la giustizia e aveva deciso di voltare pagina. Guida turistica sul Supramonte, giurato nei concorsi di bellezza, viveur nelle notti della Costa Smeralda. Simona Ventura addirittura lo voleva in veste di naufrago nella sua Isola dei famosi allora targata Rai. Quella mattina di giugno Mesina ritornò a indossare i panni di bandito, che, in base alle accuse che gli venivano mosse, non aveva mai smesso. Insieme all’ex primula rossa finirono in carcere altre 25 persone.

Le accuse. Traffico di droga, estorsioni, furti, rapine, armi. E anche il progetto di un sequestro di persona. O meglio di due. Secondo la Dda di Cagliari nel mirino di Mesina erano finiti Luigi Russo, di Oristano, imprenditore nel ramo dell’abbigliamento, e Gavino Satta, di Uri, responsabile dell’area Sardegna della Coopservice, una società che si occupa di servizi di vigilanza. Una foto dell’imprenditore sassarese fu trovata nella sua casa di Orgosolo proprio nel blitz dell’arresto insieme a una mappa della borgata di Caniga a Sassari, dove ha sede la Coopservice.

Ipotesi sequestro lampo. Per la direzione distrettuale antimafia Mesina puntava a un sequestro lampo: Satta sarebbe stato prelevato dalla sua casa di Uri e portato nella sede della società. Giusto il tempo per farsi aprire il caveau e farsi consegnare il danaro. «Se avessi voluto fare un sequestro di persona l'avrei fatto, ma in altri tempi – si è difeso l’ex primula rossa durante un’udienza –. Adesso ho chiuso, col passato ho chiuso. Allora lasciamo stare questa buffonata». Mediatore in Gallura. Sempre durante il processo a Cagliari è emerso che in quegli anni - lo stesso periodo a cui risalirebbe l’estorsione nei confronti di Milia a Sassari - Mesina svolgeva anche il ruolo di mediatore. La vicenda più eclatante fu quella dei pregiatissimi 500 ettari di terreno a Capo Ceraso, alle porte di Olbia, destinati alla società Edilizia Alta Italia, collegata al gruppo Fininvest, che proprio su quell’area ha previsto un progetto di mega ville e alberghi per 280mila metri cubi e un porto turistico con 2mila posti barca. Mesina, secondo quanto riferito da un maresciallo dei carabinieri del nucleo investigativo di Nuoro durante il processo, avrebbe avuto un ruolo determinante nel convincere il pastore Paolo Murgia, che si era sempre rifiutato di vendere il terreno al gruppo Berlusconi, e farlo capitolare.

L’affare a cinque zeri. Murgia, infatti, era certo di aver usucapito quelle proprietà, ma poco prima di morire, a 86 anni, decise di cedere alla Edilizia Alta Italia per la cifra di 700mila euro. Ma, stando a quanto ricostruito dalle indagini, 300mila sarebbero finiti proprio nelle tasche di Mesina, che era presente anche al rogito: 100mila per la mediazione e altri 200mila per la guardiania. L’Edilizia Alta Italia consegnò un assegno da 700mila euro all’allevatore, che alla fine ne tenne per sé “solo” 400mila. Gli altri andarono a Mesina, con grande disappunto dell’anziana moglie di Murgia. Tanto che, sempre secondo quanto riferito dal teste, Mesina arrivò a inveire contro la donna. «Se vengo lì le sbatto la testa al muro». (al.pi.)

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative