La Nuova Sardegna

Littarru: «Mi sono sentito un condannato a morte»

di Valeria Gianoglio
Littarru: «Mi sono sentito un condannato a morte»

La domenica in famiglia del sindaco dopo gli spari contro la sua abitazione: «La solidarietà mi aiuta, ma troviamo una soluzione sull’emergenza peste suina»

22 febbraio 2016
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INVIATA A DESULO. «Quarant’anni di anarchia, non si possono risolvere in due giorni. Senza dubbio, serviva più tempo, più informazione e più dialogo. Io non so se le fucilate dell’altra notte siano legate a questo, alla questione della peste suina e degli abbattimenti di maiali, o se invece le mie decisioni da sindaco abbiano disturbato qualcuno, ma ora lo posso dire: in queste ultime settimane mi sentivo come un condannato a morte che aspetta che da un momento all’altro succeda qualcosa di brutto. Ma lo sai, lo sai cosa mi ha dato forza? Vedere mia figlia che a poche ore dall’attentato, come ogni giorno, ha preso il pullman per andare al liceo».

Viso riposato, fresco di doccia, la caffettiera che a pochi metri fischietta l’inno della Roma – «perché sono un tifoso della Lupa», ammette – il sindaco di Desulo Gigi Littarru, il giorno dopo le fucilate indirizzate a casa sua, ha avuto il tempo e la forza per metabolizzare l’accaduto. Si siede sul pouf rosso fuoco del soggiorno di via Manzoni, nel rione di Issiria, si sistema gli occhiali e lancia uno sguardo veloce ma attento ai segni che i pallettoni esplosi da qualcuno hanno lasciato sul caminetto del soggiorno. Come tante piccole cicatrici su una pelle dura. «Ma qui ora sistemiamo tutto, eh – precisa la moglie, Giovanna Meleddu, che fino a poco prima si affaccendava con l’aspirapolvere per raccogliere gli ultimi minuscoli frammenti di vetro infranto – mica lo lasciamo così».

Trascorre così, la domenica mattina a casa Littarru. Tra pulizie domestiche, telefoni che trillano, la visita del parroco don Mariano dopo la messa a Sant’Antonio abate, e una vera valanga di solidarietà arrivata da tutto il paese, dai centri vicini, da mezza Sardegna. «Ciao, Peppe – dice Gigi Littarru rispondendo all’ultima telefonata giunta dal sindaco di Villagrande Strisaili, Giuseppe Loi – ti ringrazio, ci sentiamo con calma nei prossimi giorni». «Davvero – prosegue il sindaco dopo aver chiuso la telefonata – questa vicinanza dei miei colleghi mi ha fatto davvero piacere. Ieri, oltre al presidente Pigliaru e alla Regione, sono venuti a trovarmi il sindaco di Nuoro, Andrea Soddu, e quelli di Mamoiada, Luciano Barone, e di Fonni, Stefano Coinu, e poi ho ricevuto la solidarietà anche di tanti altri miei colleghi dei dintorni, attraverso il gruppo su whatsapp che condividiamo. Ecco, sono queste le cose che non ti fanno sentire solo».

«Eravamo tranquilli, qui in paese – aggiunge il primo cittadino – ma nell’ultimo periodo, dopo gli abbattimenti dei maiali, mi sentivo come una specie di condannato a morte che attende da un momento all’altro che succeda qualcosa di brutto. Lo avevamo detto, alla Regione, di aspettare, di lasciar stemperare gli animi, ma purtroppo non siamo stati ascoltati. All’ultima manifestazione ho capito che la situazione stava degenerando, e in questi momenti, purtroppo, capita spesso che qualcuno ne approfitti e che si inserisca in questo clima per agire e scaricare le colpe su altri. Perché per ora, infatti, nessuno con sicurezza può dire che le fucilate siano legate alla questione degli abbattimenti. Certo, può essere, ma nessuno può dirlo con sicurezza. Stamattina, poi, ci ho ripensato: questa storia delle fucilate è una cosa da scellerato, da gente che non ha proprio testa, che forse non si è nemmeno resa conto di quello che stava facendo».

«E adesso? – dice il primo cittadino – adesso come se ne esce? Io credo che la situazione si possa risolvere solo se tutti cambiano atteggiamento. Come sindaco, oggi più che mai, chiedo alla Regione più attenzione per il mio paese e per le nostre zone, perché troppo spesso la Regione è presa dai problemi di Cagliari e non dai nostri. E poi deve cambiare atteggiamento anche per la questione degli abbattimenti dei maiali: faccia, finalmente, quello che qui abbiamo sempre chiesto: uno sportello Laore fisso per dare informazioni sul tema, per fornire agli allevatori tutti i chiarimenti che finora non hanno avuto. Questo è un paese onesto, e pieno di belle persone. Siamo un paese di porcari e lo resteremo, chiediamo solo più attenzione, più informazioni e più rispetto anche per i nostri tempi. Perché davvero, 40 anni di anarchia non si possono risolvere in due giorni».

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