La Nuova Sardegna

Caso Aias, la difesa di un operatore: «Pazienti assistiti nel degrado»

Mauro Lissia
Caso Aias, la difesa di un operatore: «Pazienti assistiti nel degrado»

Davanti al magistrato parla Carlo Pintus, operatore indagato per i maltrattamenti a Decimomannu: «Nessun pestaggio, solo qualche colpo». L'oss denuncia carichi di lavoro eccessivi e le responsabilità della dirigenza

02 aprile 2016
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CAGLIARI. Due operatori per seguire venticinque pazienti, pezzi di stoffa usati per asciugare i malati in mancanza degli asciugamani che erano insufficienti, le lenzuola non bastavano mai e qualche volta i materassi sporchi venivano lasciati all’aria aperta anzichè portati in lavanderia.

Carlo Pintus (53 anni) di Iglesias, è uno dei sedici indagati nell’inchiesta della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri sui maltrattamenti al centro Aias di Decimomannu. Operatore socio sanitario nella struttura al centro dell’indagine e chiamato il 23 marzo 2016 a rispondere alle domande del gip Giampaolo Casula insieme al difensore Patrizio Rovelli, Pintus ha scelto di difendersi attaccando.

Dal verbale del suo esame emerge pienamente lo stato di disagio e di precarietà in cui - secondo il suo racconto - hanno dovuto vivere i malati, seguiti alla meglio dagli operatori, qualche volta picchiati e umiliati come le riprese video prodotte dagli investigatori hanno dimostrato senza possibilità di equivoci. Pintus ha in buona parte negato di aver alzato le mani sui pazienti («solo un colpetto in faccia con una scarpa, molto leggero, a una persona che scalciava e sferrava colpi a me e ad altri pazienti») e ha descritto una situazione di degrado che sembra coinvolgere i vertici dell’Aias.

La decisione di attribuire colpe dirette a chi comanda, secondo il difensore gli è costata il posto di lavoro del figlio: era stato assunto a termine, il suo contratto doveva essere rinnovato in automatico, adesso il giovane è a spasso. È entrato in quel novero di dipendenti che secondo il pm Liliana Ledda sono finiti in disgrazia per aver denunciato quanto accadeva a Decimomannu. La decisione di punirli - stando alle accuse - andrebbe attribuita alla presidente Anna Paola Randazzo, indagata per minacce dopo una serie di sei lettere in cui i dipendenti sono stati accusati di aver parlato con gli investigatori anzichè con i vertici dell’Aias. Una sorta di inchiesta nell’inchiesta, destinata a far luce sui rapporti interni all’organizzazione per l’assistenza ai disabili.

Pintus non ha fatto sconti ai propri datori di lavoro: «Le nostre lamentele erano inutili – ha detto al giudice – si faceva così come aveva deciso la direttrice». Il riferimento è per Sandra Murgia, la responsabile del centro di Decimomannu, la sola che parlava con le alte sfere dell’Aias: «Quando noi ci lamentavano fra colleghi per recarci a Cagliari, alla direzione, qualcuno diceva che lì comandava la direttrice e che erano d’accordo con il signor Randazzo».

Ma di che cosa si lamentavano gli operatori oggi in buona parte accusati di aver maltrattato gli ospiti della struttura? Dalla testimonianza di Pintus sembra emergere soprattutto un sovraccarico di lavoro: «Io mi occupavo del settore della riabilitazione - ha riferito Pintus al giudice - portavo i pazienti alle docce, li vestivo, ricordo che eravamo in due per venticinque pazienti. Si tendeva a risparmiare - ha sostenuto Pintus - non so se la Murgia riportasse le nostre lamentele a Randazzo, lei rispamiava nel darci il materiale». E i medici? «Io li vedevo la mattina, dopo le dieci non ne vedevo più. La notte non c’era medico di guardia, si chiamava in caso di urgenza e spesso non rispondevano».

Sui maltrattamenti: «Nessun pestaggio – si è difeso Pintus – gli insulti erano solo scherzi, che fanno parte del rapporto spesso vecchio di anni tra operatore e paziente».

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