La Nuova Sardegna

Lavori fermi e asfalto a pezzi, non c’è un euro

di Alessandro Pirina
Lavori fermi e asfalto a pezzi, non c’è un euro

L’assessore Maninchedda attacca lo Stato: i Comuni non hanno soldi neanche per tappare le buche

24 aprile 2016
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SASSARI. Sulle strade sarde è il caos. Casse vuote, cantieri fermi, appalti in stand by. I comuni non hanno soldi nemmeno per tappare le buche. A denunciarlo è l’assessore regionale ai Lavori pubblici, Paolo Maninchedda, che mette sotto accusa «la Repubblica dello sblocco retorico e del blocco reale. Lo Stato è scappato: i comuni non hanno fondi per le manutenzioni perché sono venute meno le risorse. E anche il Fondo unico regionale, che i comuni avrebbero potuto utilizzare per gli investimenti, deve essere dirottato al loro funzionamento».

Emergenza sanità. Una situazione su cui non è potuta intervenire neanche la Regione, che nel bilancio ha previsto zero fondi per le manutenzioni. «Il bilancio della Regione è gravato da altre emergenze: sanità, assistenza, lavoro – spiega Maninchedda –. Sono stati azzerati i capitoli per le opere di interesse locale, per i cimiteri e per le manutenzioni ordinarie. Mettere un milione e mezzo non avrebbe avuto senso; se non si stanziano almeno 10-15 milioni all'anno non si risolvono i problemi. E purtroppo non sono disponibili».

Bollo auto. Ma non è solo l’emergenza sanità a far stringere la cinghia la Regione. Anche Cagliari, infatti, deve fare i conti con Roma. «Anche la Regione ha il suo bilancio aggredito dallo Stato. Solo di accantonamenti trattiene 600 milioni dei sardi – dice ancora l’assessore –. Per non parlare poi dei milioni di euro del bollo auto destinati alle vecchie province che sarebbero potuti essere impiegati per le strade provinciali, che infatti sono le più disastrate, la nostra più grande emergenza».

Ex province. La situazione si fa ancora più complicata a causa dell’addio alle province. «In questa fase di transizione le difficoltà sono notevoli: i bilanci di previsione non sono stati approvati, i revisori dei conti sono severissimi, gli uffici finanziari non si prendono le responsabilità e i dirigenti non danno il parere di legittimità perché hanno paura e hanno ragione di averla. Se agissero, sarebbero vittime designate del perverso meccanismo italico che cerca colpevoli e fugge dalla soluzione dei problemi.

Bilancio armonizzato. Nei comuni si era detto che con l’addio al patto di stabilità sarebbero venute meno quelle rigidità che negli ultimi anni avevamo bloccato i cantieri, ma per Maninchedda è una rivoluzione monca. «Il passaggio al bilancio armonizzato sta bloccando gli investimenti. I più capaci stanno riuscendo a cavarsela, ma la maggior parte dei lavori già finanziati non riescono ad andare avanti per le regole di bilancio imposte dalla magnifica Repubblica italiana. L'Italia non può avere politiche vere di investimento perché ha 2200 miliardi di debiti che non riesce a pagare. Per tenere stabile il debito, non spende. Qualunque cosa dica il Governo italiano, la verità è che tutte le norme varate tendono a bloccare la spesa».

L’Anas sarda. Per snellire la burocrazia e velocizzare gli investimenti il Partito dei sardi di Maninchedda aveva pensato a una Anas sarda. «Noi avevamo bisogno di un contenitore regionale per portare avanti le nostre infrastrutture, ma il Consiglio regionale non la ha vista di buon occhio e l'agenzia si è arenata».

Corsa a ostacoli. Per Maninchedda, dunque, è una corsa a ostacoli quotidiana tra cavilli burocratici, paletti normativi rigidi e casse sempre più vuote. «Il nostro lavoro ordinario dovrebbe essere: visioni, mandato del popolo a realizzarle, reperimento delle risorse, obiettivi da dare all'amministrazione e deleghe alle stazioni appaltanti. Poi gli appalti vanno con le loro gambe. In realtà lavoriamo come matti a far muovere di un metro al giorno un modello di gestione della pubblica amministrazione che risente di tutti i difetti secolari dell'Italia, dove intelligenza, velocità ed efficienza non sono mai state concepite come parenti ma come avversari».

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