La Nuova Sardegna

L’operaio Meridiana: «Servono assunzioni invece ci licenziano»

di Guido Piga
L’operaio Meridiana: «Servono assunzioni invece ci licenziano»

Agostino Piga, addetto alle manutenzioni nell’hangar «Il lavoro non manca ma l’azienda ha deciso di togliercelo»

03 maggio 2016
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OLBIA. Dice di non essere né di destra né di sinistra. Dice di essere comunista. Sembra di essere in un altro secolo. Sembra di essere in un periodo in bianco e nero. I padroni di là, gli operai di qua. Siamo a Olbia, fuori dall'hangar delle manutenzioni di Meridiana. Agostino Piga è uno di quei lavoratori, uno dei 291 da due settimane in sciopero per bloccare il licenziamento di 75 di loro. Piga, 40 anni, non ama essere definito una tuta blu, perché lui è un operaio, «specializzato sì, ma sempre un operaio, come tutti i miei compagni». Classe operaia, compagni, comunismo. «I nomi potrebbero sembrare superati, ma la nostra condizione non lo è - attacca lui, iscritto ai Cobas -: io guadagno 1300 euro al mese, quello di noi che guadagna di più arriva a 1800 e quello che guadagna di meno a 1100 euro. Non siamo privilegiati. Siamo come tanti altri operai. Vorrei che si sapesse. Abbiamo un'azienda che nasconde il lavoro, che lo rifiuta, che ce lo toglie».

Essere fuori dai cancelli dell’hangar, lì dove ci sono 4 aerei fermi, per loro è l’unico modo di rappresentare che il lavoro c’è. «Di manutenzioni agli aerei ne facciamo e ne potremmo fare ancora di più - dice Piga, un Primo Maggio passato a lottare -. Tante compagnie chiedono di portare i loro aerei qui. L’azienda dice no. Per i costi dei nostri salari? Siamo gli operai specializzati meno pagati d'Europa. Siamo affidabili. Se gli aerei volano in sicurezza è grazie alla manutenzione minuziosa, quasi maniacale, che ognuno di noi fa. È il nostro lavoro. Anche l'azienda l'ha sempre detto. Come mai ora siamo da licenziare?»

Una delle contraddizioni del capitalismo. Marx. Una lotta che durerà ancora. C’è un po’ di tutto in quello che in Gallura si annuncia lo sciopero più lungo degli ultimi decenni. «Già ora non riusciamo a fare fronte a tutto il lavoro - attacca Piga -. E questo perché siamo in carenza di personale. Non solo non dobbiamo essere licenziati, ma servono assunzioni. Tanto è vero che l'azienda fa ricorso a consulenti esterni che costano più di noi. Lo fanno perché vogliono dimostrare che noi andiamo mandati via. Perché?».

L’azienda ha proposto contratti a 8 mesi invece che a 12 per azzerare i licenziamenti, il dialogo con i lavoratori da quel momento non c’è. «Chiediamo il ritiro dei licenziamenti, ingiustificati, ingiustificabili - spiega Piga -. Siamo fuori da 15 giorni, stiamo perdendo soldi e salute. La sera, quando rientriamo a casa, dobbiamo essere sicuri del lavoro che abbiamo svolto, a livello di sicurezza degli aerei. Se non torniamo al lavoro è perché con una pistola alla tempia uno non può essere concentrato. Lo facciamo per coscienza».

Ma non c’è un muro contro muro impenetrabile. Una prospettiva c’è. «Deve intervenire il Governo. Cercare soluzioni adeguate per noi e per l'azienda - dice Piga -. I lavori che vengono commissionati all'azienda si svolgano nell'hangar. Questo presuppone una diversa organizzazione. Una diversa trattativa con un diverso interlocutore aziendale».

Il Governo potrebbe fare molto. Ci sono gli ammortizzatori sociali. C’è il Qatar.

«Diamo tempo alla nuova proprietà di impostare un discorso nuovo - chiude Piga -. In linea di massima, a noi non serve il Qatar. Il lavoro c'era, c'è, ci sarà. A noi servono solo le braccia e la testa libera».

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