La Nuova Sardegna

A rischio il pane tipico sardo, un marchio per la tutela

di Luigi Soriga
A rischio il pane tipico sardo, un marchio per la tutela

Il settore è in difficoltà per la concorrenza di prodotti surgelati meno costosi. Una legge per salvaguardare la filiera

17 maggio 2016
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SASSARI. La Sardegna ha una straordinaria varietà di pane, e il pane è uno dei prodotti più richiesti nel mercato internazionale. Eppure il settore è in difficoltà: nell’arco di due anni le panetterie da 1180 nell’isola si sono ridotte a 1050 e i posti di lavoro sono calati di 850 unità.

C’è senza dubbio la crisi ad incidere negativamente sui consumi, ma c’è anche un altro killer seriale: la baguette dei supermercati. Infatti la quantità di pane surgelato venduto nell’isola è cresciuto a dismisura negli ultimi due anni. Si è passati da 130 quintali giornalieri del 2014 ai 300 quintali odierni. E si tratta di dati censiti ufficialmente, e perciò senz’altro sottostimati. Ecco perché gli spazi di sopravvivenza dei panificatori locali si stanno sempre più erodendo.

Di queste problematiche si è parlato ieri pomeriggio in un convegno organizzato dall’Accademia della Cucina Italiana alla Camera di Commercio di Sassari. Il titolo della conferenza era “Il pane sardo, qualità da tutelare”. A coordinare l’incontro il giornalista Pasquale Porcu, e tra i relatori i consiglieri regionali del Pd Luigi Lotto e Daniela Forma che hanno lavorato alla legge 4 del 21 marzo 2016 che contiene le disposizioni in materia di tutela della panificazione. Il dispositivo è stato approvato all’unanimità in commissione regionale e a breve passerà all’esame della giunta per diventare esecutivo. Sono stati i panificatori stessi a chiedere aiuto alle istituzioni per salvaguardare la loro professionalità e la qualità della filiera agroalimentare locale, in modo da non restare triturati nella morsa dell’abusivismo e della concorrenza sleale. Per avere un’idea del mercato, basta pensare che una baguette ha un costo medio di 1,80 euro al kg, contro i 3 euro di un pane fatto con lievito di birra. «Ma sulle farine del pane surgelato non sappiamo niente – spiega Pasquale Porcu – la provenienza, i pesticidi utilizzati e i conservanti restano tutte incognite per la salute del consumatore».

La genuinità però si paga, e ad esempio il pane a lievitazione naturale, che da un punto di vista alimentare ed organolettico ha qualità spiccatamente superiori, costa mediamente sui 6 euro al kg. L’importante è però che il consumatore sia consapevole delle differenze, e la nuova legge regionale si concentra proprio su questo versante: il pane fresco di giornata dovrà essere ben riconoscibile dal consumatore, con un colpo d’occhio. Avrà un marchio che lo contraddistingue e sarà esposto in scaffali separati rispetto agli altri prodotti. Poi sarà istituito un registro regionale delle produzioni tipiche e anche l’accesso alla professione sarà normato. Così ad esempio il pane Carasau di Antioco Urrai, dell’azienda il Vecchio Forno di Fonni, prodotto con lievitazione naturale seguendo un progetto in collaborazione con Porto Conte Ricerche, vedrà finalmente riconosciute le sue caratteristiche nutrizionali e salutistiche scientificamente provate: una fermentazione più complessa che abbassa l’ indice glicemico rispetto al pane tradizionale.

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