La Nuova Sardegna

La paura dei testimoni: «Pensavamo di morire»

La paura dei testimoni: «Pensavamo di morire»

I fucili spianati, le minacce e i controlli dei banditi lungo la fila di auto sulla 130 Dopo il blitz è stato il gran caldo a complicare tutte le operazioni di soccorso

03 luglio 2016
3 MINUTI DI LETTURA





IGLESIAS. «Mi hanno puntato il fucile, ho avuto paura, mi sono allontanato e poi steso sull'asfalto. Non sapevo che fare, pensavo di trascorrere una serena giornata nel mare di Calasetta invece mi sono ritrovato nel bel mezzo di una rapina, rischiando anche la vita». È il racconto di Antonio Poddighe, un uomo sulla sessantina che, sotto il sole cocente della statale 130, ha rivissuto gli attimi di terrore provati durante l'assalto al portavalori. La sua auto era vicina al blindato e all'inizio pensava di trovarsi davanti ad un incidente stradale. Poi ha sentito degli spari. Ad Antonio Poddighe sembrava di vivere in un film quando ha visto gli uomini del commando, forse una decina, posizionati con le auto in diversi punti della Statale.

Tra il furgone portavalori e la Fiat Punto dei rapinatori c'era anche la macchina di Marta Corona, medico della Asl 7 che da Assemini era diretta a Carbonia, dove lavora. La sua auto, un'Alfa Romeo, ha il buco di un proiettile sparato dagli uomini del comando mentre cercavano di effettuare l'assalto: «Ho sentito degli spari continui mentre guidavo, ho visto il portavalori che si è affiancato a me poi, davanti alla mia auto, ho visto il caos e ho fermato la macchina», ha raccontato a fatica e con la voce ancora rotta dalla paura, «mi sono inchinata ai piedi dei sedili anteriori, quasi per nascondermi. Avevo timore a muovermi, sentivo il rumore di una smerigliatrice e con la coda dell'occhio vedevo che questi uomini incappucciati e armati di fucile passavano a fianco alla mia macchina. Ho preso il telefono e senza fare molti movimenti ho digitato l'ultimo numero, quello di casa. Ho parlato con mio padre e gli ho detto che non sapevo cosa fare. Per fortuna dopo qualche minuto è arrivato uno dei vigilantes e mi ha detto che era tutto finito».

Gli attimi di terrore per una scena che solitamente capita di vedere solo in tv si leggevano negli occhi delle donne, molte anche anziane, e dei ragazzi, che si riparavano da un sole caldissimo sotto ombrelli colorati mentre altri stavano dentro l'ambulanza del 118.

Una signora molto avanti con gli anni era stesa su un lettino, un'altra era seduta con il collare per un leggero trauma dovuto ad un colpo da parte di uno dei rapinatori che aveva notato che mentre stava seduta dentro l'auto teneva in mano un cellulare.

Sulla 130, fortunatamente, non c’erano feriti gravi e le medicazioni sono servite per attenuare qualche contusione. Tra le persone bloccate sulla statale c'era anche un gruppo di testimoni di Geova che si stavano dirigendo verso il palazzetto dello sport di Carbonia per il congresso annuale. Tra di loro c'era anche Davide Mocci, giornalista, che con la moglie era a bordo di un fuoristrada: «Non capivo cosa stesse succedendo», ha raccontato, «poi ho sentito gli spari e ho pensato a mia madre che era in un'altra macchina. Ho cercato di nascondermi con altre persone dietro un furgone perché avevamo paura di essere colpiti».

Sono tante le persone che hanno visto e sentito quanto accadeva durante l'assalto e hanno fornito preziose informazioni agli investigatori. Sulla statale rimasta bloccata per ore con le macchine in fila sono poi arrivati anche i volontari di Soccorso Iglesias, quelli della Sodalitas e dell'associazione Masise di Sinnai che hanno prestato soccorso e distribuito decine di bottiglie d'acqua per le persone rimaste bloccate e per le forze dell'ordine costrette a lavorare sotto il sole. (t.p.)

La classifica

Parlamentari “assenteisti”, nella top 15 ci sono i sardi Meloni, Licheri e Cappellacci

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative