La Nuova Sardegna

L’appello: parla ed evita l’ergastolo

L’appello: parla ed evita l’ergastolo

Il padre dello scomparso invita Alberto Cubeddu a collaborare con gli inquirenti

13 luglio 2016
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SASSARI. «Noi siamo convinti che riusciremo a trovare Stefano ma è fondamentale che uno dei responsabili del delitto parli e ci dica dove è il corpo. Solo così avrà la possibilità di evitare la condanna all’ergastolo».

Marco Masala non usa mezze parole, non fa direttamente il nome del destinatario del suo messaggio ma il riferimento è chiaramente ad Alberto Cubeddu, il maggiorenne – tra i due arrestati – all’epoca dei fatti. Solo lui, in caso di condanna nel processo per duplice omicidio, rischierebbe il carcere a vita. Suo cugino – che non aveva ancora compiuto 18 anni nel 2015 – resterà minorenne davanti ai suoi giudici e il suo eventuale ergastolo è una condanna a vent’anni di reclusione. Questo prevede il nostro sistema giudiziario ed è per questo che Paolo Pinna si trova nell’istituto penitenziario per minorenni di Quartucciu mentre suo cugino è rinchiuso a Bancali.

«Lui e la sua famiglia sanno a chi mi sto riferendo. Si convinca del fatto che ha tutta la convenienza a parlare – aggiunge Marco Masala – Collabori se vuole avere uno sconto di pena». Non si vuole certo sostituire ai giudici, il padre di Stefano, ma il suo è un ennesimo disperato tentativo di colpire dritto alle coscienze. Quella dell’indagato e quella della sua famiglia. «Avrà la pena più alta, lo sanno tutti. E allora dica dove è il corpo di Stefano, ci aiuti, aiuti gli inquirenti a ritrovarlo. Si liberi di questo peso. Non lo renderà meno responsabile di quello che ha fatto ma potrebbe servirgli a evitare l’ergastolo». Un appello accorato che coincide proprio con la ripresa delle ricerche: un’occasione quindi.

Intanto ai due avvocati difensori della prima ora – Agostinangelo Marras per Pinna e Mattia Doneddu per Cubeddu e Zappareddu – si sono aggiunti altri due legali: Angelo Merlini per il diciottenne e Patrizio Rovelli per il ventunenne. D’altronde la mole di atti da esaminare è corposa e serve un lavoro di squadra quotidiano.

L’attenzione dei difensori ora potrebbe concentrarsi sulle intercettazioni, sul contenuto delle conversazioni c’è massimo riserbo ma l’impressione è che potrebbero emergere dettagli importanti per gli investigatori.

«Abbiamo totale fiducia nel lavoro delle Procure di Nuoro e dei minori di Sassari – dice Masala – il nostro avvocato Caterina Zoroddu sta facendo un grande lavoro e non ci resta che aspettare e sperare che ci siano sviluppi quanto prima». Anche perché c’è la famosa promessa fatta da Marco alla moglie Carmela sul letto di morte, poco più di un mese fa: «Riporteremo il nostro Stefano a casa». (na.co.)

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