La Nuova Sardegna

Arrostitori in allarme: così è la fine

di Dario Budroni
Arrostitori in allarme: così è la fine

Grande preoccupazione tra i volontari della Sagra del vermentino di Monti

08 agosto 2016
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INVIATO A MONTI. La nuvola di fumo si solleva dal primo pomeriggio. Invitanti sbuffate bianche che per otto ore impregnano il paese del profumo della festa. Gli artefici sono decine di volontari che senza sosta arrostiscono la carne per una folla che sembra non finire mai. Cucinano dal dopo pranzo fino a notte fonda. Indossano tutti la stessa maglietta, un grembiule, un cappello e anche i guanti, quando devono tagliare la carne. Ma delle severe linee guida dell’Unione europea qui nessuno ne sa nulla. «Lo abbiamo letto sul giornale» afferma un po’ chiunque. Ieri la Sagra del vermentino ha riempito Monti di migliaia visitatori. E le severe norme igieniche dettate dall’Europa non sono altro che astratte disposizioni di cui nessuno ha mai sentito parlare.

Arrostite volontarie. Mauro Murrighile è il presidente della cantina sociale del vermentino di Monti. «Diciamo che oggi nessuno è a conoscenza di queste norme europee, nessuno ci ha mai informato di nulla – confessa –. Ma questo non vuol dire che non rispettiamo le norme di igiene. Anzi, qui tutto si svolge ne nella maniera più corretta». Il presidente della cantina sociale ci tiene a sottolineare il carattere della festa. «Questa è una sagra che richiama migliaia di persone e che promuove il paese e tutta la Sardegna – continua Mauro Murrighile –. Noi siamo per le regole, se ci sarà da cambiare qualcosa lo faremo. Ma se le regole saranno però troppe e così rigide come abbiamo letto sul giornale potrebbero diventare un problema e magari mettere la parola fine alle sagre. Anche perché bisogna ricordare il carattere volontario di queste manifestazioni. Qui a Monti ci sono 150 persone che da giorni lavorano gratuitamente».

Pulizia prima di tutto. Dietro il cancello della cantina sociale c’è una maxi griglia con decine di persone attorno. Sono tutti volontari, il vero motore della sagra. «Cuciniamo per otto ore di fila, finché la gente ha fame – racconta Marco Putzu, storico arrostitore della sagra del vermentino –. E posso assicurare che già oggi, anche senza queste norme europee di cui non abbiamo mai sentito parlare, tutto si svolge nel rispetto delle regole e del buonsenso. La carne è pulita e noi siamo puliti. Indossiamo una maglia pulita e ci laviamo le mani ogni volta che le sporchiamo». Ma le direttive Ue impongono regole dure, come l’obbligo di un lavello e l’obbligo di indossare abiti lindi e profumati. «Inviterei questi signori a passare otto ore, il 7 di agosto, davanti alla brace – continua Marco Putzu –. Ora non possono vietarci di sudare e di sporcarci la maglia con il grasso. Va bene tutto, ma non bisogna esagerare. Noi, comunque, non abbiamo un lavello ma una pompa con tanta acqua».

Arrostitori di professione. All’esterno della cantina sociale ci sono invece i privati, quelli che la carne la arrostiscono per professione. Loro sono più informati e generalmente d’accordo con le regole ferree, anche su di loro la scure europea ancora non si è abbattuta. «Quando vado al ristorante pretendo il massimo della pulizia – dice Marco Frau –. E la stessa cosa pretendono i miei clienti. Noi abbiamo un lavandino, le docce nel furgone e consumiamo 400 guanti a serata. E se vado in bagno ovviamente mi lavo le mani». Angelo Corrias, invece, spera che non si oltrepassi il limite. «Che guardino cosa succede nelle cucine dei ristoranti – dice –. Noi comunque abbiamo un rubinetto, guanti in lattice, le griglie sono di acciaio sanitario. Insomma, siamo pulitissimi e non possono esasperarci con nuove regole». Giovanni Murgia è d’accordissimo. «Per me non sarebbe di certo un problema, le regole ci vogliono e devono essere severe – spiega sicuro –. Perché dobbiamo ricordarci che serviamo cibo e per questo tutto deve essere sicuro e controllato. Io ho anche il lavandino con il pedale, ho speso un patrimonio per il mio camioncino. E poi grembiule, cappa, guanti e tavoli laccati».

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