La Nuova Sardegna

Tecnico sardo rapito e ucciso in Libia: «Lo Stato pagò il riscatto»

di Silvia Sanna
Fausto Piano, il tecnico di Capoterra rapito e ucciso in Libia
Fausto Piano, il tecnico di Capoterra rapito e ucciso in Libia

Il capo dei servizi segreti a Tripoli: «L’Italia ha pagato 13 milioni, parte della somma è andata all’Isis». Fausto Piano di Capoterra morì insieme al siciliano Failla, gli altri due colleghi tornarono a casa

15 agosto 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Un’operazione finita male, con due uomini riportati a casa e due finiti cadavere, in quel deserto libico in cui erano stati rapiti otto mesi prima. La vicenda dei quattro tecnici della Bonatti di Parma lascia ancora molti punti interrogativi. I dubbi su cosa successe quel giorno di marzo non sono mai stati sciolti. Quel giorno morirono Fausto Piano, di Capoterra, e il collega siciliano Salvatore Failla. Più fortunati Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, che dopo il lungo incubo poterono riabbracciare le loro famiglie. Il governo italiano disse che per la liberazione dei quattro tecnici non fu pagato alcun riscatto. Il ministro degli Esteri aggiunse che durante la liberazione i quattro tecnici erano rimasti coinvolti in un conflitto . E a rimetterci erano stati Piano e Failla. Ora però il quadro cambia. È il capo dei servizi segreti a Tripoli, Mustafa Nuah, a fornire una versione diversa e inquietante. Che coinvolge l’Isis.

I nuovi sospetti. Al Corriere della Sera Nuah ha detto che per liberare i quattro tecnici l’Italia ha pagato un riscatto di 13 milioni di euro. E, secondo l’agente segreto, il governo avrebbe trattato privatamente con le milizie e tribù locali di Sabratha, senza passare per l’intelligence libica. Un percorso considerato anomalo che avrebbe mandato su tutte le furie gli 007 locali. Ma che – ed è questo l’aspetto sul quale in Italia si è sollevato un polverone politico – avrebbe portato almeno una parte dei soldi nelle mani degli Jihadisti dell’Isis. «I terroristi – ha aggiunto Mustafa Nuah – sono presenti in forze in quel territorio al punto che il 19 febbraio scorso – dunque prima della liberazione dei quattro ostaggi – gli americani hanno bombaradto un loro campo d’addestramento».

Le prove. Nuah dice di avere le prove delle sue affermazioni perché una parte dei 13 milioni pagati dall’Italia come riscatto sarebbe finiti alla moglie di uno jihadista. Si parla di più o meno di 500mila euro. «Se l’Italia avesse collaborato con noi – sottolinea Nuah – la storia sarebbe probabilmente finita diversamente. I quattro tecnici sarebbero stati recuperati vivi senza pagare il riscatto.

Le reazioni. Non si sono fatte attendere. La politica, Forza Italia e la Lega in testa, chiedono spiegazioni al Governo. «Gentiloni riferisca», sollecitano Gasparri e Calderoli. L’esponente azzurro accusa il governo Renzi di finanziare l’Isis, il vicepresidente del Senato leghista chiede le dimissioni del ministro degli Esteri Gentiloni, se dovesse aver mentito sul pagamento di un riscatto in cambio della liberazione dei 4 italiani rapiti in Libia. «Il 9 marzo scorso il ministro Gentiloni nella sua informativa al Senato ha affermato che non era stato pagato nessun riscatto e che non c'erano elementi per far ritenere che fossero stati rapiti da gruppi vicini all'Isis. Sta mentendo oggi il capo degli 007 libici, che eppure sta fornendo una collaborazione concreta anche con documenti trovati nei covi jihadisti di Sirte, o ha mentito Gentiloni a marzo quando ha riferito al Parlamento?». A chiedere la verità è anche la moglie di Salvatore Failla, il collega di Fausto Piano morto insieme a lui in Libia. La donna da subito aveva sollevato molti dubbi sulla dinamica del rapimento e sulla liberazione. Ora, alla luce delle nuove dichiarazioni, la richiesta di chiarimenti da parte dei familiari delle due vittime si fa ancora più pressante.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative