La Nuova Sardegna

Ricorso respinto, Cubeddu resta in cella

Ricorso respinto, Cubeddu resta in cella

Il giovane di Ozieri è accusato insieme a Paolo Pinna per i due omicidi di Orune e Nule

07 ottobre 2016
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SASSARI. Resta in carcere Alberto Cubeddu, il 21enne di Ozieri accusato insieme al cugino Paolo Pinna di Nule dell’omicidio di Gianluca Monni, lo studente 18enne di Orune ucciso a fucilate la mattina dell’8 maggio 2015, e della scomparsa-omicidio di Stefano Masala, il trentenne di Nule sparito nel nulla la sera del 7 maggio 2015.

La prima sezione della Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso presentato a giugno dai suoi difensori, Mattia Doneddu e Patrizio Rovelli. Come ha spiegato Rovelli, la Suprema Corte ha ritenuto di non poter entrare nel merito dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Cubeddu, partendo dal presupposto che la questione è di competenza dei giudici sardi. «Proprio per questa ragione, avendo ricusato il gip di Nuoro, che nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere si era detto certo al di là di ogni ragionevole dubbio della colpevolezza di Cubeddu, abbiamo chiesto al presidente della Cassazione Giovanni Canzio di fissare nei tempi più brevi un’udienza per la definitiva decisione su questa delicatissima questione».

Alberto Cubeddu – maggiorenne all’epoca dei fatti al contrario del cugino Pinna (difeso da Agostinangelo Marras e Angelo Merlini) che infatti è rinchiuso nel carcere minorile di Quartucciu – è stato indicato da un testimone chiave come l’autore materiale dell’incendio della Opel Corsa di Stefano Masala nelle campagne di Pattada. Il testimone, durante un incidente probatorio ha confermato di essere andato insieme a Cubeddu a bruciare l’auto di Masala. «Alberto fece tutto da solo, senza il mio aiuto – raccontò al magistrato – Io vidi ad un certo punto le fiamme e il fumo che si alzavano. Ricollegai i fatti di Orune alla macchina bruciata solo i giorni seguenti. L’ubicazione della macchina, la risonanza del fatto sui giornali e le televisioni mi fecero avere il sospetto. Solo allora capii e da quel giorno mi porto questo peso». Solo “allora” – ossia qualche giorno dopo l’omicidio Monni – uno dei testimoni chiave dell’inchiesta capì che l’auto che Alberto Cubeddu aveva incendiato davanti ai suoi occhi la sera dell’8 maggio era quella di Stefano Masala. Ma soprattutto capì che era la macchina usata per il delitto dello studente di Orune. (na.co.)

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