La Nuova Sardegna

La vertenza: quei soldi sono nostri

di Silvia Sanna
La vertenza: quei soldi sono nostri

L’isola chiede la restituzione e l’assegnazione alle Unioni dei Comuni

25 ottobre 2016
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SASSARI. Mentre le sforbiciate dello Stato vanno avanti senza sosta, nell’isola si prepara la contromossa. L’obiettivo è ambizioso: riportare indietro il tesoretto che ha prosciugato le casse delle Province e messo in ginocchio settori cruciali, come la manutenzione della strade, delle scuole e l’assistenza agli studenti disabili. Competenze ancora affidate alle Province, organismi intermedi spazzati via da una riforma che per ora è ferma sulla carta. Nel frattempo, il governo nazionale, con la legge Finanziaria 2014, ha messo nero su bianco come e quanto le Province quasi defunte ma ancora operative devono contribuire a risanare i conti della finanza pubblica. Nel caso della Sardegna, l’esborso ammontava a 205 milioni di euro, compresi i 102 preventivati per il 2017. A questi ora si aggiungono ulteriori 43, spartiti tra le 3 province storiche (Sassari, Nuoro e Oristano), la provincia del Sud e la città metropolitana di Cagliari. Per trovare i soldi, si attinge alla fonte, cioè ai tributi incassati dalle Province. Nel caso di quelle storiche, i commissari hanno già detto che sarà impossibile fare fronte alla richiesta per il 2017. Ma nel frattempo, in attesa di capire quale sarà l’esito del referendum costituzionale una sentenza della Corte Costituzionale potrebbe riportare nell’isola “il maltolto”. A scovarla è stato Francesco Agus, consigliere regionale di Sel, da tempo attento osservatore del continuo e inesorabile prelievo di fondi da parte dello Stato nei confronti delle Province. La sentenza appare favorevole alla Sardegna perché la Corte Costituzionale, respingendo un ricorso presentato dal Veneto, spiega che i milioni versati dagli enti intermedi non appartengono allo Stato. In realtà lo Stato secondo i giudici dovrebbe temporaneamente custodirli per poi girarli, appena possibile, ai legittimi proprietari. Che secondo la Consulta sono gli enti locali – Regione e Unioni dei Comuni – che in virtù della riforma hanno sostituito le Province ereditandone le competenze. Un processo che in Sardegna è diventato realtà con l’approvazione della legge 2/2016, nella quale si stabilisce che le funzioni degli enti intermedi devono passare alle Unioni dei Comuni e alla Città metropolitana di Cagliari. L’isola, più avanti rispetto ad altre realtà, può quindi chiedere indietro i fondi che secondo la Consulta lo Stato tiene in custodia.

È nata così la seconda grande vertenza che vede contrapposti la Sardegna allo Stato. Dopo quella delle Entrate portata avanti dalla Regione e conclusa con un accordo che riporterà nell’isola 900 milioni di arretrati, nasce la vertenza Province. In campo diversi parlamentari isolani, come i senatori del Pd Silvio Lai e di Sel Luciano Uras. I due hanno assicurato che porteranno il caso in Parlamento, nel frattempo il suggerimento che rivolgono agli amministratori degli enti intermedi è di non sborsare più un solo euro. Non sarà difficile, considerato che tolti i 64 milioni chiesti per il 2016, con le quote dei tributi provinciali non si riuscirà a raggiungere le somme previste per il 2017. Nel frattempo gli enti vanno avanti grazie al fondo unico regionale, con il quale riescono a coprire soltanto le spese essenziali. In attesa del 4 dicembre, quando il referendum stabilirà la fine dell’agonia o l’improvvisa rinascita.

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