La Nuova Sardegna

Fede ed economia, “azienda” Chiesa in Sardegna: stipendio per 939 prelati

di Mario Girau
Fede ed economia, “azienda” Chiesa in Sardegna: stipendio per 939 prelati

Dalla Cei 25 milioni annui, con la suddivisione dell’8 per mille trasferite nelle 10 diocesi le risorse necessarie. In media 1300 euro al mese ai sacerdoti diocesani

07 novembre 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. L'unica grande azienda della Sardegna – non per fatturato, ma per numero di dipendenti – è la Chiesa. Ogni mese 939 sacerdoti diocesani ritirano lo stipendio accreditato dalla Conferenza episcopale italiana: in media 1300 euro al mese che consentono a ciascun prete di vivere dignitosamente e a tutti gli uomini in talare nera di contribuire al Pil regionale con 15 milioni e 384 mila euro.

La paga annuale di un parroco deriva da diverse casseforti. L'8,9 per cento (1462 euro) arriva dalla remunerazione parrocchiale; 23,1 per cento (3780 euro) da rimborsi, stipendi e pensioni personali; 0,6 per cento (93,02 euro) dai redditi dei patrimonio diocesano, 1,0 per cento (159,62 euro) da erogazioni liberali per i sacerdoti fatte dai fedeli nel 2014.

Ma la banca più importante e generosa per il prete è quella dell'otto per mille, che finanzia il 66,5 per cento (10.888 euro) del suo stipendio annuale. Nel 2015 le 10 diocesi sarde hanno ricevuto complessivamente dalla Conferenza episcopale Italiana quasi 25 milioni di euro, tutti arrivati dal monte risorse assicurato alla Chiesa cattolica dalla scelta degli italiani nella dichiarazione dei redditi. I fondi sono stati così impiegati: 5.650.450,32 euro (22,7 per cento) per opere di culto e pastorale; 5.082.505,83 euro (20,4 per cento) per attività caritative; 10.223.960,86 euro (41,1 per cento) per il sostentamento del clero; 2.293.700,00 euro (9,2 per cento) per edilizia di culto; 1.617.963 euro (6,5 per cento) per i beni culturali.

Il rapporto con la Cei e l'otto per mille per la Sardegna è indubbiamente vantaggioso. Nella dichiarazione dei redditi 2012 – tanto per esemplificare questo “do ut des” instaurato dall'isola con i vertici della Conferenza episcopale italiana – in Sardegna i contribuenti sono stati 1.080.293, il 79,1per cento dei quali ha firmato per devolvere l'otto per mille alla Chiesa cattolica, che nel 2015 ha risposto assegnando alla Chiesa sarda quasi 25 milioni di euro, che si aggiungono agli stanziamenti straordinari e aggiuntivi concessi – dal 1996 a oggi – per realizzare 197 particolari progetti, riguardanti l'assistenza sociale, le mense caritas, le manutenzioni straordinarie a chiese e oratori: un contributo totale di oltre 20 milioni di euro. Un insieme di attività che si riverbera sul mondo del lavoro generando buste paga soprattutto per la piccola impresa e la cooperazione.

Nella diocesi di Ales, la Caritas presieduta da don Angelo Pittau, ha attivato progetti che occupano oltre 300 persone, quasi sempre giovani laureati e diplomati.

Nel settore dei beni culturali la Chiesa sarda fino allo scorso aprile si è vista finanziare dalla Cei ben 67 interventi complessivi, così distribuiti: diocesi di Ales 5 interventi, Alghero-Bosa (6 interventi), Cagliari (11), Iglesias (8), Nuoro (1), Oristano (15), Ozieri (5), Sassari (1), Tempio (15 ).

In cambio di questo flusso di denaro, l'istituto per il sostentamento del clero si attendeva dai laici sardi qualche erogazione liberale in più, per altro detraibile dalla dichiarazione dei redditi. L'anno scorso, invece, dal territorio isolano sono partite 2084 offerte provenienti da 1585 persone, per un importo totale di 133.915,08€. In pratica soltanto un offerente ogni 1059 abitanti.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative