La Nuova Sardegna

Il pastore blogger: «Strategia di mercato del tutto sbagliata»

Il pastore blogger: «Strategia di mercato del tutto sbagliata»

L’allevatore Pier Angelo Monzitta va controcorrente: «Si può vendere il latte a 1,20 solo se ha proprietà uniche»

16 gennaio 2017
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SASSARI. Pier Angelo Monzitta, il pastore blogger di Tula, non ha dubbi: «La crisi si respirava già dall’anno scorso e la colpa e tutta nello squilibrio delle politiche commerciali. Nel mese di marzo dell’anno scorso, nonostante ormai l’esubero delle produzione fosse un dato certo, si continuava a comprare il latte per fare il pecorino romano. Lo facevano tutti, industriali e cooperative». Un comportamento che i pastori spiegavano con un pizzico di malizia: «Molti miei colleghi parlavano di una crisi pilotata di cui avrebbero beneficiato gli industriali. Personalmente non sono di questo avviso – commenta Pier Angelo Monzitta –, io credo che sia stato solo un insieme di scelte scellerate, degli industriali e delle coop». Gli allevatori, dunque, non avrebbero colpe: «Non dico questo ma noi siamo bravi a produrre il latte e se il prezzo è di 1,20 euro al litro mi sembra chiaro che la tentazione di guadagnarci sia forte, soprattutto quando nessuno dice di fermarsi. Perché noi siamo il motore delle nostre aziende ma anche il freno e siamo assolutamente in grado di decidere quale debba essere la resa delle nostre pecore». L’allevatore del 2000 non ha solo la passione per il web e la scrittura, come confessa Pier Angelo Monzitta, ma conosce a menadito i suoi animali e i prodotti che possono derivare dalle loro produzioni. Per Monzitta, ad esempio, il futuro del comparto non può prescindere dalla qualità: «Che non privilegiamo – aggiunge – perché non sta scritto da nessuna parte che i pastori sardi sono i migliori. Io ci credo ma questa attitudine deve essere dimostrata con la qualità del latte che, inevitabilmente porta a formaggi migliori o ad altri derivati di altissima qualità. È qua che dobbiamo scommettere». Pier Angelo ha le idee chiarissime: «Tutti sanno che il comparto è in crisi ma le idee scarseggiano. Io credo che si debba puntare anche sulla certificazione del nostro latte. Mi spiego: i pastori devono chiedere nuovi parametri che definiscano la qualità del latte e devono cambiare il disciplinare di produzione». La visione è completa: «Servono pubblicità e strategie di comunicazione, e qua la Regione e l’organizzazione interprofessionale possono dare una mano, perché se producessimo un latte ricco di omega 3 e di acido linoleico (omega 6, ndr) si potrebbe ampliare la gamma dei formaggi e degli altri derivati, che sono già ottimi ma che non possono più affidarsi solo ai grassi e alle proteine. Dobbiamo scommettere sulla qualità ed essere riconoscibili. Sono sicuro che si potrebbero conquistare nuove quote di mercato». Secondo il pastore bloogger i primi a ottenere benefici sarebbero proprio i capi di bestiame: «Perché sarebbe necessario meno latte che produrrebbero alimentandosi al pascolo e garantendo un latte qualitativamente elevatissimo». Una produzione tirata a lucido che sarebbe il primo tassello di un domino del gusto che investirebbe anche i formaggi: «Lo stesso formaggio potrebbe avere etichette differenti. Il pecorino romano, che molti usano solo come grattugiato, è già ottimo ma la gente non lo sa - conclude Pier Angelo Monzitta – questo non andrebbe bene nemmeno se il mercato fosse florido, figuriamoci quando c’è la crisi». La qualità, quindi, dovrebbe essere l’unica parola d’ordine per risalire la china del mercato del latte. (c.z.)

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