La Nuova Sardegna

Indipendentisti

Liberu, il manifesto di Devias «Stop alle politiche coloniali»

Liberu, il manifesto di Devias «Stop alle politiche coloniali»

CAGLIARI. Da ieri Liberu di Pier Franco Devìas ha una sede anche a Cagliari, in via Verdi 48, ogni martedì dalle 20 aperta a chi vorrà conoscere il gruppo che si raccoglie attorno al leader nuorese...

19 marzo 2017
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CAGLIARI. Da ieri Liberu di Pier Franco Devìas ha una sede anche a Cagliari, in via Verdi 48, ogni martedì dalle 20 aperta a chi vorrà conoscere il gruppo che si raccoglie attorno al leader nuorese e crede nell’indipendentismo come strumento di libertà e di sviluppo sostenibile per la Sardegna. La sede è intitolata a Cicito (Francesco) Masala, l’intellettuale e poeta scomparso che molto ha contribuito alla formazione di un pensiero autonomista nell’isola. Alle pareti della piccola sala i dati sulla crisi dell’economia sarda, sullo spopolamento, sulla disoccupazione, sul disimpegno identitario, sulle servitù militari, vale a dire i temi sui quali i sostenitori di Liberu lavoreranno anche a Cagliari, città metropolitana ancora silente nonostante abbia un terzo degli abitanti dell’isola e sia composta da ben 17 comuni. L’occasione dell’apertura della sede è servita per rilanciare la necessità di studiare la storia sarda e gli uomini che l’hanno animata, come ha insegnato lo stesso Masala di cui ieri c’erano alcuni familiari. C’era anche il regista Marco Gallus che ha realizzato il docufilm “Vinti ma non convinti” sulla vita del poeta. Devìas, giunto da Nuoro, ha spiegato che «in questi anni Liberu ha cercato di radicarsi nei territori con il suo progetto politico». Carlo Sanna è il segretario cittadino: «Il pensiero indipendentista non è conosciuto, noi useremo la lente della cultura per diffonderlo e per interpretarlo. Abbiamo fortemente voluto questa sede perché la Sardegna non finisce dopo Monastir, Cagliari ha molti problemi ma non se ne parla». Ancora Devìas: «Le esigenze dei sardi non sono mai state interpretate, abbiamo tre aeroporti, tutti sulle coste, nessuno all’interno, il 91 per cento delle nostre esportazioni è di prodotti petroliferi, l’80 per cento dell’agroalimentare che consumiamo arriva da fuori, vuol dire che esportiamo ciò che non abbiamo e importiamo ciò che invece, qui, c’è. Questa è solo una delle assurdità coloniali. E anche le scelte urbanistiche varate in questi giorni: si sceglie ancora una volta di consumare il nostro suolo, non di ridare valore alle case dei nostri paesi». (a.s.)

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