La Nuova Sardegna

Il giallo Moby Prince si cerca l’esplosivo

Il giallo Moby Prince si cerca l’esplosivo

La Commissione d’inchiesta: a breve la perizia dell’artificiere

08 aprile 2017
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CAGLIARI. Ventisei anni di bugie e verità che verità non sembrano esserlo mai. Tre processi finiti senza colpevoli e, come se non bastasse, ci sono ancora di mezzo troppi segreti militari. Ma fra poche settimane la strage dei passeggeri e dell’equipaggio a bordo del traghetto Moby Prince (10 aprile 1991, porto di Livorno, 140 vittime) potrebbe essere meno misteriosa di quanto lo è stata finora. A farlo capire, seppure con molta cautela, è stato Silvio Lai, presidente della commissione d’inchiesta voluta due anni fa dal Senato per far luce su uno dei tanti, troppi, gialli italiani.

Nell’aula del Consiglio regionale, riunito per commemorare la tragedia, Lai ha detto: «Presto, entro maggio, riceveremo l’ultima consulenza dell’artificiere che dovrà dirci se quella notte il traghetto di linea trasportasse anche un carico non dichiarato alla partenza». Il sospetto c’è: nella stiva devastata dalle fiamme, a suo tempo, i vigili del fuoco trovarono tracce di Semtex (è un esplosivo al plastico) incompatibili con «gli effetti della combustione divampata a bordo» dopo la collisione in rada con la petroliera Agip Abruzzo. «Vogliamo avere la certezza se quel carico ci fosse o meno», ha ribadito il senatore Lai. La relazione sarà, a questo punto, decisiva per svelare un possibile giallo nel giallo, mentre finora è stato un particolare agghiacciante – se fosse confermato – sempre escluso da tutti i processi. Nella relazione di metà mandato, la commissione ha scritto: «L’esplosione a bordo potrebbe essere stata una delle ipotesi per cui il comandante del traghetto, Ugo Chessa, fu costretto a una manovra d’emergenza nella rada di Livorno».Da quando hanno cominciato a indagare, i commissari hanno scoperto anche altro. Ad esempio, ha ricordato il senatore Luciano Uras, insieme a Emilio Floris fa parte della commissione, che la posizione reale sulla mappa nautica della petroliera Agip Abruzzo è stata coperta per troppo tempo. Dalle carte processuali, è sempre risultato che la nave, con le stive cariche, fosse fuori dalla zona rossa all’uscita del porto. È un imbuto rovesciato in cui le navi non possono gettare l’ancora. Dalla comparazione fra le contraddittorie posizioni possibili, risulterebbe invece che l’Agip fosse all’interno: perché allora è stata messa fuori dal perimetro durante i processi? E perché solo la commissione ha scoperto che la petroliera aveva fatto altre due soste nel Mediterraneo, però poi non dichiarate dal comandante dell’Agip? Oppure cosa trasportava davvero: petrolio o gasolio? O ancora: è possibile che poco prima della collisione l’equipaggio dell’Agip fosse impegnato in un trasbordo non autorizzato del carico su una nave più piccola e proprio la presenza di un «secondo ostacolo inaspettato» possa aver costretto il traghetto a tentare una manovra disperata conclusa con la collisione? «Le domande senza risposta sono troppe – è stata la conclusione di Lai – Il nostro mandato ha una data di scadenza precisa: 17 novembre 2017. Ma prima di allora vogliamo scoprire la verità». (ua)

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