La Nuova Sardegna

Messa in sardo più vicina chiesto l’ok al Vaticano

di Mario Girau
Messa in sardo più vicina chiesto l’ok al Vaticano

La conferenza episcopale regionale ha già esaminato testi e canti tradizionali Toccherà alla Santa Sede dare il permesso definitivo alle celebrazioni

18 aprile 2017
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SASSARI. Il giorno della celebrazione della messa in lingua sarda è più vicino. I vescovi sardi durante l'ultima riunione della conferenza episcopale regionale, all’inizio di aprile, hanno preso visione di una serie di formulari in limba, una sorta di piste sperimentali di testi liturgici che dovranno essere filtrati dai vescovi locali e, successivamente, trasmessi alla Santa sede per il permesso definitivo. Comincia, dunque, a dare i primi frutti il lavoro silenzioso e la promozione culturale avviata biblisti, teologi e linguisti per restituire valenza liturgica al sardo.

Al momento sono tre le direzioni di marcia: forte accelerazione nella riproposizione di canti, “pregadorias”, formule devozionali tipiche delle tradizioni popolari sarde (come novene di Natale, “via crucis”, “scravamentu” e altre funzioni paraliturgiche); acquisizione del patrimonio biblico sardo di maggior spessore teologico; celebrazioni sperimentali della messa in limba.

Il sardo nelle feste popolari non avrà ostacoli. Già nel 2001, nel Concilio plenario sardo, i vescovi dicevano: «La nostra lingua va apprezzata e onorata nelle forme di preghiera, individuali o collettive, che ci sono state tramandate e che sarà opportuno ricercare e utilizzare: esse hanno in sé, oltre le ricchezze di contenuti spesso eccellenti, anche il fascino evocativo di un patrimonio che ha le sue radici nel nostro tradizionale modo di pensare e di sentire». Non particolarmente difficile neppure la ricerca di traduzioni della Bibbia in sardo. Secondo i vescovi sarebbero in circolazione almeno tre o quattro esempi di buon livello teologico e scritturistico a cui fare riferimento per l’acquisizione delle letture nella messa. Più impegnativa la compilazione di un lezionario – i brani di Sacra scrittura suddivisi per tutti i giorni dell’anno secondo le prescrizioni pontificie – e ancor più del messale con il canone, parte centrale della messa, dove la traduzione sarda deve corrispondere nella lettera e nello spirito ai testi ufficiali. A questo proposito, il gruppo di lavoro ha trasmesso ai vescovi sardi uno schema con il raffronto delle versioni italiana, latina e sarda della preghiera eucaristica. Sulla messa in limba l’episcopato sardo si è sempre mosso con i piedi di piombo. I vescovi sanno che se la congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti bocciasse la prima richiesta di messa in sardo, la seconda sarebbe praticamente impossibile. Il Concilio plenario regionale del 2001 auspicava «possibili, ulteriori ampliamenti» dell'utilizzazione della lingua sarda nella liturgia – in pratica la messa – da studiare «con serietà culturale e con adeguata competenza teologica e pastorale». Il gruppo di esperti risponde a questi requisiti. Il Concilio aggiungeva il senso religioso, pastorale e culturale di questa operazione: «Dovrà essere fatto nello spirito di valorizzazione del patrimonio trasmessoci dalle generazioni precedenti, di una ricerca di una più incarnata comunicazione della fede nella realtà quotidiana della popolazione sarda, e di sincera comunione ecclesiale».

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