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Bandi Sprar, tensione nell’isola

Bandi Sprar, tensione nell’isola

La micro accoglienza diffusa è la strada indicata da Anci e Governo

07 maggio 2017
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SASSARI. Diversi episodi, più o meno gravi, negli ultimi mesi. L’ultimo a Sassari, la notte del 30 aprile. Qualcuno ha appiccato il fuoco a un sacco di spazzatura depositato davanti all’ingresso di Casa Somalia, una struttura che accoglie un gruppo di rifugiati somali. Il fumo ha invaso i locali di notte, solo paura per gli ospiti ma anche tante domande. Uno scherzo di cattivo gusto o un segnale di fastidio da parte di qualcuno? A pochi metri da casa Somalia, nel cortile di una scuola, alcuni mesi fa erano apparse scritte razziste nei confronti dei migranti ospiti di una struttura d’accoglienza. A Buddusò, in Gallura, l’anno scorso era saltato in aria un agriturismo che si era candidato ad accogliere un gruppo di profughi. A Monastir, l’ex scuola di polizia era finita nel mirino degli attentatori non appena si era diffusa la voce che sarebbe diventata un centro d’accoglienza. Un attentato, che solo per un caso fortuito non aveva avuto gravi conseguenze. L’ex scuola, così come previsto, sarà utilizzata dalla prefettura come punto di riferimento in particolare per i migranti che arrivano clandestinamente. Nell’elenco degli episodi di intolleranza, figurano il corteo a Burcei e il raid vandalico messo a segno contri una palazzina il cui proprietario si era offerto di ospitare 20 profughi. Anche la busta con i proiettili recapitata alla prefetta di Cagliari Giuliana Perrotta si inserisce in questo contesto. Da alcune settimane la situazione è diventata particolarmente delicata perché la Sardegna, esattamente come tutte le regioni italiane, è chiamata a prendere una decisione sui bandi Sprar. L’accordo siglato tra Anci e Governo prevede infatti la micro accoglienza diffusa nei Comuni, chiamati a ospitare un numero di migranti proporzionato al numero di residenti. Sono circa 50 i Comuni che hanno presentato la manifestazione d’interesse verso lo Sprar, facendo scattare così la clausola di salvaguardia che li “immunizza” dall’apertura di centri di prima accoglienza gestiti dalle prefetture e affidati a soggetti privati. Il senso dell’accordo è proprio questo: distribuire i migranti nell’intero territorio così da arrivare a una graduale dismissione dei grossi centri, spesso simili a prigioni, e favorire allo stesso tempo, attraverso la creazione di strutture molto più piccole, più simili a nuclei familiari, una reale integrazione nel territorio. Con un pensiero in particolare per i minori non accompagnati, molti bambini, arrivati da soli dopo un lungo viaggio. Quindici di loro troveranno accoglienza a Bonarcado, nel centro di accoglienza integrata finito nel mirino due giorni fa. Qualcuno su Facebook ha denunciato “l’arrivo in massa di migranti”, qualcun altro ha appicato il fuoco. Ma il progetto comunque andrà avanti.

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