La Nuova Sardegna

Lotta ai tumori, è precaria la biochimica sassarese talento della ricerca

di Gabriella Grimaldi
La ricercatrice Lucia Delogu
La ricercatrice Lucia Delogu

A Sassari con contratto in scadenza. C’è lei dietro lo studio sul grafene che uccide le cellule malate. Lucia Delogu: «Per una donna è più difficile affermarsi. Se sei ambiziosa vieni definita arrivista cosa che invece non accade mai ai maschi»

18 maggio 2017
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SASSARI. Non capita tutti i giorni che una tua ricerca venga pubblicata sulla rivista Angewandte Chemie. Ed è difficile che capiti se fai i conti con svantaggi tipo: sei donna, giovane (35 anni), ti sei formata in un’isola (a Sassari per la precisione), hai un figlio piccolo e sei ricercatrice precaria con un contratto in scadenza.

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È anche per questo, e per un carattere in continua ebollizione, che adesso, seduta in un bar vicino alla sede centrale dell’università, Lucia Delogu racconta con aria raggiante la sua avventura nel mondo della scienza. Biochimica e ricercatrice del dipartimento di Chimica e Farmacia da anni si occupa di nanomateriali applicati alla biomedica e ha coordinato una squadra interdisciplinare e internazionale composta tra gli altri da Ester Vazquez dell’università di Castilla La Mancha, Alberto Bianco del Cnrs di Strasburgo e Maurizio Prato dell’università di Trieste. Il loro lavoro sulle proprietà sorprendenti del grafene e sulle sue applicazioni in medicina è stato pubblicato sulla rivista leader nel settore: il primo importante passo verso lo sviluppo di una ricerca che potrà trasformarsi in una rivoluzionaria terapia per alcune malattie oncologiche come la leucemia. «Adesso che cominciamo a raccogliere i risultati del nostro lavoro è come realizzare un grande sogno - dice Lucia -. Anche se mi è sempre piaciuto studiare, mi sono laureata a 22 anni in Scienze naturali, forse non avrei osato sperare in un percorso così soddisfacente».

Dopo la laurea Lucia Delogu ha toccato le tappe classiche di chi ha deciso di dedicarsi alla ricerca formandosi con anni di dottorato prima in Sardegna e poi in giro per il mondo. Nell’isola ha collaborato al progetto SharDna e poi con il genetista Francesco Cucca che l’ha “introdotta” nel mondo della ricerca internazionale. «L’esperienza più importante è stata senz’altro il biennio negli Stati Uniti, nell’università Usc (Southern California a Los Angeles) dove ho potuto approfondire i miei studi sui nanomateriali. Lì ho sperimentato che se hai talento vieni valorizzato al massimo e anche che i ricercatori italiani vengono tenuti in particolare considerazione». Forte di queste certezze Lucia Delogu ha pensato che valesse la pena tornare a fare ricerca in Italia e di rimboccarsi le maniche nonostante le mille difficoltà di natura economica che affliggono il settore, prima fra tutte la condizione di eterno precariato che caratterizza questo tipo di lavoratori. Tanto successo, tanti complimenti da parte dei colleghi e dei capi ma a Lucia il contratto di ricercatrice scade a fine ottobre. E dopo? «Spero di concretizzare con un contratto da associato... ma non mi lamento, faccio ciò che mi rende felice».

Lucia Delogu ha messo su dal nulla un laboratorio adatto allo studio dei nanomateriali in campo biologico ed è coordinatrice di numerosi progetti di ricerca. C’è da sperare che non si debba scontrare con i soliti preconcetti sulle donne («se sei ambiziosa ti definiscono arrivista, cosa che non accade ai maschi») e che non debba pagare il fatto di avere famiglia ed essere mamma di un bambino piccolo. Tornerà presto all’estero “scortata” dai genitori che hanno il compito di aiutarla, come hanno sempre fatto finora, a conciliare la vita lavorativa («in certi periodi sto in laboratorio tutto il giorno e anche parte della notte») e la famiglia. Ambizione (e non arrivismo) ne ha tanta, ma anche il bisogno, come tutti, di trovare stabilità e un riconoscimento economico che oggi come oggi stenta a raggiungere livelli dignitosi.

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