La Nuova Sardegna

Sempre meno donatori di sangue, terapie a rischio in Sardegna

Sempre meno donatori di sangue, terapie a rischio in Sardegna

Nell’ultimo anno sono 40mila in meno e il sistema regionale di compensazione rischia di collassare proprio nell’isola

20 maggio 2017
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SASSARI.

La Sardegna ha sempre avuto un rapporto complicato con le donazioni di sangue, troppo poche se rapportate alle necessità dei pazienti. E nel futuro prossimo la relazione potrebbe complicarsi ulteriormente perché l’emergenza sangue è ormai diventata un caso nazionale. Infatti, il numero dei donatori di sangue in Italia è in calo e, anche se il sistema per il momento sembra tenere, si verificano sempre più spesso situazioni critiche. Infatti, ci potrebbero essere grossi problemi nei prossimi giorni proprio in Sardegna dove, nonostante il numero dei donatori sia proporzionato a quello degli abitanti, la richiesta è decisamente superiore per via dell’alto numero di pazienti affetti da beta talassemia major, conosciuta più semplicemente come anemia mediterranea. Il rischio più concreto è che vengano sospese le terapie per colpa della carenza di sangue.

Il dato è stato presentato durante la consultazione plenaria del “sistema sangue”, che ha riunito a Roma rappresentanti delle associazioni di volontariato e delle istituzioni. Secondo i numeri elaborati dal Centro nazionale sangue, nel 2016 sono stati registrati circa un milione e 688mila donatori, una cifra in calo di 40mila unità rispetto all’anno precedente e che è anche la più bassa mai registrata dal 2011. Le donazioni di plasma, necessarie anche per la produzione di farmaci utilizzati per molte terapie salvavita, non fanno eccezione e sono in calo di circa il 5 per cento. A fronte della riduzione dell’impegno dalla parte dei donatori, si registra invece un aumento del numero di pazienti trasfusi, circa 660mila nel 2016 con un incremento del 3,7 per cento. «Quello che garantisce l’autosufficienza nazionale – sottolinea il Direttore del Cns, Giancarlo Maria Liumbruno – è il meccanismo di compensazione che soddisfa le esigenze delle Regioni. Il sistema prevede che le aree che raccolgono più sangue di quanto ne utilizzino, lo cedano a chi è in crisi». A contribuire maggiormente sono state, nel 2016, il Piemonte (32 per cento), il Veneto (16 per cento), il Friuli-Venezia Giulia (13 per cento) e la Lombardia (12 per cento). «Il sistema è sostanzialmente in equilibrio, ma in alcune regioni periodicamente è necessario ricorrere alla compensazione – spiega Liumbruno –. La Sardegna ad esempio ha un'ottima raccolta ma non è autosufficiente perché ha molti pazienti talassemici che necessitano di molto sangue per le terapie. Proprio in questi giorni la regione sta registrando carenze importanti che rischiano di fare ritardare le terapie trasfusionali programmate per i numerosi pazienti affetti da talassemia. Per evitare problemi sarebbe necessario che le altre regioni mantengano gli impegni». (c.z.)

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