La Nuova Sardegna

Il market della droga 9 arresti e 16 denunce 

di Nadia Cossu
Il market della droga 9 arresti e 16 denunce 

In cella un agricoltore albanese, un pizzaiolo e un barista di Valledoria La banda accusata di rifornire i mercati di Sardegna, Toscana e Lombardia

04 giugno 2017
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SASSARI. Recitava il Padre Nostro mentre si spostava in macchina da una parte all’altra della Sardegna – ma anche in Toscana e in Lombardia – per consegnare la droga. Pregava che tutto andasse a buon fine e che le forze dell’ordine non lo scoprissero.
Purtroppo per lui, però, il Padre Nostro – che poi è il nome con cui i carabinieri hanno chiamato l’operazione – gli avrà pure dato un’illusione momentanea ma non gli è certo servito a evitare l’arresto.
Viktor Stefanaj, agricoltore di 45 anni albanese, ormai stabilizzatosi a Viddalba da tempo (dove ha sposato una donna del paese dalla quale ha avuto due figli) è finito in carcere con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Arresti domiciliari invece per Gian Mario Egris, pizzaiolo di 28 anni, e Christian Fresi, barista di 34, entrambi di Valledoria. Sono loro gli ultimi tasselli del mosaico costruito in quasi due anni di indagini dai carabinieri della compagnia di Porto Torres, al comando del capitano Romolo Mastrolia, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Porcheddu. Un’attività che ha consentito di sgominare una banda che riforniva il mercato del Nord Sardegna, di Cagliari, di Olbia, della Toscana e della Lombardia. Appostamenti, pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, sequestri di droga partiti a luglio del 2015 e terminati due giorni fa quando i carabinieri di Porto Torres, in collaborazione con il nucleo cinofili e con lo squadrone eliportato dei Cacciatori di Sardegna, hanno eseguito – come richiesto dalla Procura e accordato dal gip Michele Contini – l’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di Stefanaj, Egris e Fresi. Un quarto – sulle cui tracce sono gli inquirenti – è invece irreperibile. Sedici, inoltre, le persone denunciate.
Un’operazione che ha permesso ai militari di sequestrare circa un chilo tra cocaina, metadone, marijuana, hashish e ottomila euro considerati frutto dello spaccio. Anche se è chiaro che il giro di droga è complessivamente molto più consistente. Così come il giro di denaro.
Ma durante questi mesi di indagini i militari hanno stretto le manette ai polsi di altri sei giovani – «e giovanissimi», ha sottolineato il comandante Mastrolia – del Sassarese che hanno avuto un ruolo “minore”. Venivano cioè utilizzati dai capi della banda per mettere la droga nel mercato.
A loro – e poi a tutta la banda – i carabinieri sono arrivati grazie alle numerose segnalazioni arrivate due anni fa dai cittadini di Valledoria. Diverse persone avevano chiamato in caserma perché c’era un continuo via vai di ragazzi a tutte le ore del giorno e della notte davanti a casa di uno degli spacciatori che è stato poi arrestato nella prima fase investigativa. Erano così partiti gli appostamenti che da subito hanno fatto capire ai carabinieri che la portata dello spaccio era tale che per forza di cose dietro quei giovani doveva esserci un’organizzazione ben strutturata. L’attività tecnica successiva ha consentito di comporre il puzzle. Sono state documentate dai militari, sempre con la supervisione del sostituto procuratore Porcheddu, oltre centocinquanta cessioni di sostanze stupefacenti tra Castelsardo, Valledoria, Santa Maria Coghinas, Viddalba, Pistoia e Brescia «che hanno consentito – hanno spiegato ieri il maggiore Emanuele Fanara e il capitano Mastrolia durante una conferenza stampa – di raccogliere le prove necessarie a costruire un quadro accusatorio preciso». Ricostruito anche il modus operandi della rete di pusher «che faceva riferimento, per l’approvvigionamento della cocaina, a uno degli arrestati. Oltre a gestire lo spaccio di qualsiasi tipo di droga nel nord Sardegna, alcuni degli indagati rifornivano i loro referenti a Cagliari, Olbia e Pistoia viaggiando sia nell’isola che nella penisola attraverso i collegamenti con le navi di linea». Un ruolo chiave lo aveva certamente Stefanaj, mentre il pizzaiolo e il barista reclutavano i cosiddetti “cavallini”, «ossia coloro che acquistavano la droga anche con dilazioni di pagamento per spacciarla nei locali notturni della costa».
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