La Nuova Sardegna

Fotovoltaico, truffa da 42 milioni 

di Mauro Lissia
Fotovoltaico, truffa da 42 milioni 

Nuove accuse alla Twelve di Villasor: nelle serre nessuna attività agricola

07 giugno 2017
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CAGLIARI. Arrivano nuovi guai giudiziari per sei degli otto imprenditori che il 14 luglio dovranno comparire davanti al giudice dell’udienza preliminare per la presunta truffa aggravata legata all’attività della Twelve Energy - costituita con un investimento di 80 milioni tra l’indiana Moser Bean Clear Energy e l’americana General Electric - la società accusata di aver beneficiato di agevolazioni fiscali per un’inesistente produzione di rose quando la vera attività era la produzione e vendita di energia elettrica attraverso il grande impianto fotovoltaico realizzato a Villasor. Partendo dall’indagine chiusa un anno fa dal pm Daniele Caria dopo le indagini del Nucleo investigativo del Corpo Forestale, culminate nel sequestro dell’impianto a luglio del 2015, la Polizia tributaria ha accertato un’evasione fiscale pari a 11,6 milioni calcolata su Ires e Irap, con un conseguente danno erariale di 22 milioni di euro, oltre alla percezione indebita di contributi pubblici per 22 milioni. La contestazione di evasione fiscale riguarda l’ex proprietario della struttura Francesco Fanni (55 anni) di Pabillonis, titolare dell’impresa agricola omonima, l’ingegnere progettista Pier Paolo Serpi (40) di San Gavino, più il presidente, il vicepresidente e due consiglieri della Twelve, nell’ordine Jain Lalit Kumar (45) di Nuova Delhi, Jatin Saluja (36) di Uttar Pradesh, Marcello Spano (52) e Mariano Muscas (45) entrambi di San Gavino. Tutti e sei dovranno presentarsi all’udienza preliminare accusati di concorso in truffa aggravata e falso, insieme a Giorgio Piras (63) di Villasor e Mauro Musio (62) di Cagliari. Sulla stessa vicenda è stato aperto un procedimento per danno erariale dalla Corte dei Conti.
Secondo la Polizia tributaria la coltivazione fittizia di fiori serviva soltanto a ottenere agevolazioni sull’Iva e una maggiore deducibilità sulle imposte, in realtà il vero business era la vendita dell’energia prodotta dalle serre fotovoltaiche. Passata nel 2010 dalle mani di Fanni a quelle della società indio-statunitense, la grande serra avrebbe dovuto produrre ortaggi, poi rose da taglio e da bacca. Ma conti alla mano, secondo il Corpo Forestale il profitto dell’attività agricola 2011-2013 risulta pari a zero, mentre la vendita dell’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici per 105 megawatt installati, che dovevano servire a climatizzare l’ambiente e a favorire la fotosintesi clorofilliana, avrebbe portato ingenti guadagni nelle casse della Twelve: 4 milioni e mezzo per l’energia venduta al Gse (Gestore dei servizi energetici) e 15 milioni per contributi sotto forma di incentivo pubblico. Un malloppo potenziale da mettere insieme grazie - stando alle accuse - a una sequenza di carte false e di autorizzazioni aggirate, il tutto per acchiappare i soldi pubblici senza che Villasor avesse qualcosa in cambio. Risulta, scrive il gip Giuseppe Pintori, solo una coltivazione di rose da bacca allo stato iniziale e dalle prospettive molto incerte, la cui redditività futura sarebbe comunque di molto inferiore a quella reale dei pannelli fotovoltaici. Ed è qui che la legge sarebbe stata violata: almeno il 70% dell’energia prodotta con la luce solare dovrebbe essere impiegata nella produzione agricola, invece viene venduta e canalizzata nella vicina centrale Enel. Per il gip «una speculazione» fondata sul raggiro e su norme complesse. La serra era «solo un opificio mascherato da impresa agricola. In una nota diffusa in serata la Twelve sostiene che «in questi anni la serra fotovoltaica ha continuato ad operare regolarmente sia nell’attività agricola che nella produzione di energia elettrica in attesa della definizione del procedimento in corso» e che «durante le indagini preliminari sono stati acquisiti consistenti elementi probatori a sostegno della regolarità del progetto e dell'iniziativa imprenditoriale che dovranno essere opportunamente valutati dalla Magistratura nel corso del giudizio, non ancora iniziato e che comunque non sono a conoscenza della Guardia di Finanza».

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