La Nuova Sardegna

«Le slot come una droga così mi sono rovinata» 

di Luca Fiori
«Le slot come una droga così mi sono rovinata» 

Il racconto choc di una sassarese di 45 anni che si è salvata grazie al Serd

10 giugno 2017
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SASSARI. «La notte non dormivo più, se riuscivo a chiudere occhio sognavo le macchinette e il tintinnio delle monete sulla vaschetta metallica. Di giorno non pensavo a nient’altro che alle slot, in 4 o 5 ore riuscivo a spendere anche 1500 euro». Silvia (il nome è di fantasia, ma la sua storia è vera e tremendamente attuale) ha 45 anni, vive in un paese della provincia di Sassari e fa un lavoro che la porta spesso in giro per l’isola a contatto con il pubblico. Fino a cinque anni fa Silvia non aveva mai giocato neanche un euro al Superenalotto, poi è entrata in un vortice che l’ha portata a dilapidare in poco tempo i risparmi degli anziani genitori e a chiedere prestiti a chi le stava intorno, raccontando bugie di ogni tipo per poter giocare. Un mese fa, dopo due anni di un duro percorso fatto insieme a Giuseppe Usai, psicoterapeuta dell’area Gap del Serd di Sassari, Silvia è riuscita a ripagare tutti i suoi debiti. Un grande passo di un cammino che non è ancora finito.

Quando ha capito di essere finita nei guai?

«Quando mi sono ritrovata a prendere la macchina e invece di recarmi al lavoro dal mio paese venivo a Sassari per giocare alle macchinette».

Dove giocava?

«All’inizio nei bar o dove capitava, poi ho individuato una sala slot della città e per due o tre anni l’ho frequentata quasi tutti i giorni».

Ci passava molto tempo?

«Anche cinque o sei ore al giorno durante le quali riuscivo a buttare centinaia e centinaia di euro. Sono arrivata a dilapidare anche 1500 euro in una sola giornata».

Con il lavoro come faceva?

«Faccio un lavoro particolare che mi consente di svolgere i miei compiti anche al telefono e così per lunghi periodi riuscivo a portare avanti questa doppia attività, quella professionale e quella della giocatrice cronica».

Come ha iniziato?

«Per gioco, al bar con gli amici buttando qualche euro durante le serate in compagnia, poi ho avuto un momento di debolezza per motivi di lavoro e qualche problema in famiglia e in poco tempo sono diventata una giocatrice incallita».

I soldi dove li trovava?

«Io che sono sempre stata una persona onesta e trasparente, sono diventata una bugiarda. Quando finivo i soldi dello stipendio chiedevo prestiti agli amici, raccontando che mi servivano per aiutare i miei a pagare il mutuo o mi inventavo qualsiasi tipo di bugia.

Quanto le prestavano?

«Qualcuno 200, altri 500 e qualcuno addirittura 2000 euro».

E finivano tutti dentro le slot?

«Quando sei un giocatore non hai nessun altro pensiero, io non ho mai fatto uso di droghe ma ho capito che la dipendenza dal gioco è simile a quella dall’eroina. Da quando ti svegli non pensi ad altro, devi correre verso la macchinetta per recuperare la perdita del giorno prima. E non ti rendi conto che in realtà non vinci mai. Se ti capita di fare una vincita su una slot ti sposti nell’altra perché sei convinta che sia la tua giornata fortunata e in poco tempo butti via quel poco che hai vinto».

Come ha fatto a salvarsi?

«Quando mio fratello si è accorto che avevo prosciugato il conto dei miei genitori, circa 30 mila euro, mi ha costretta a rivolgermi al Serd. La prima volta sono venuta qui per un paio di mesi, poi sono andata via e ho ripreso a giocare».

E poi cosa è successo?

«È successo che un giorno anche i miei genitori lo hanno saputo e da quel momento ho dovuto affrontare il problema. Ero a pezzi, ma finalmente ho potuto guardarli negli occhi e quella notte dopo tanto tempo sono riuscita a dormire».

E ora la sua vita com’è?

«Dal 13 agosto del 2015 non ho più buttato un euro nelle macchinette. Mi sono salvata grazie all’aiuto del Serd e dell’amore dei miei genitori. Devo ammettere che ancora se entro in un bar e sento il rumore delle monete mi giro per vedere chi ha vinto, ma ora dopo aver toccato il fondo mi sento più forte».

Cosa direbbe a un amico che sta per infilare un euro dentro una slot?

«Non farlo, basta un euro per iniziare a rovinarsi la vita».

©RIPRODUZIONE RISERVATA



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