La Nuova Sardegna

Matteo Boe indagato per il sequestro Dall’Orto 

di Silvia Sanna
Matteo Boe indagato per il sequestro Dall’Orto 

L’ex primula rossa, in libertà da tre giorni, sotto inchiesta con 14 sardi

28 giugno 2017
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SASSARI. Nella banda che il 19 ottobre del 1988 sequestrò Silvana Dall’Orto c’era un uomo alto con gli occhi di ghiaccio. Così lo descrisse la donna, moglie dell’imprenditore della ceramica Giuseppe Zannoni, quando ritornò a casa il 1 maggio dell’anno successivo. Per quel sequestro compiuto a Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia, dopo 29 anni la Procura ha iscritto 16 nomi nel registro degli indagati: 15 sono sardi e arrivano tutti dal Nuorese. Il più noto è Matteo Boe, libero da appena due giorni dopo 25 anni in carcere. Tra i sedici ci sono tre donne, due sarde e una del Piacentino. Non è indagata Laura Manfredi, all’epoca dei fatti compagna di Boe e madre dei suoi figli. Sono indagati con l’ipotesi accusatoria di sequestro di persona a scopi estorsivi in concorso. Sull’ex primula rossa, rientrato a Lula lunedì sera, già all’epoca si addensarono i sospetti degli investigatori, certi che la banda fosse composta da sardi. Ma le indagini non imboccarono mai una direzione precisa. Ora, grazie all’insistenza della vittima, la procura distrettuale antimafia di Bologna ha deciso di riaprire il caso. Si riparte da una serie di reperti recuperati negli uffici della procura di Reggio Emilia: tra questi una maglietta giallo-azzurra che potrebbe custodire il dna di uno dei rapitori.

Cold case. Matteo Boe sa dall’inizio dell’anno di essere indagato per il sequestro Dall’Orto. L’iscrizione è scattata subito dopo il ritrovamento dei reperti, custoditi nel luogo indicato da Romano Corsi, il legale della famiglia Zannoni-Dall’Orto deceduto pochi mesi fa. Grazie al pressing dell’avvocato emiliano, è saltato fuori un borsone contenente capi di vestiario, scarpe da ginnastica, una spazzola per capelli, una custodia per occhiali. Il borsone stava accanto a Silvana Dall’Orto il 1 maggio del 1989 sul ciglio dell’Autocisa (l’autostrada A15 Parma -La Spezia): quel giorno la donna tornò a casa con indosso una maglietta giallo-azzurra che poco prima si era sfilato uno dei sequestratori. Faceva freddo e l’uomo ebbe un gesto di gentilezza nei confronti dell’ex prigioniera, uno dei pochi se non l’unico in sei mesi descritti dalla donna come durissimi. Su quella maglia e su gli altri reperti un pool di consulenti è stato incaricato di eseguire accertamenti mirati a isolare tracce di Dna. «Se l’esame avrà esito positivo – spiega l’avvocato Francesca Corsi, che ha preso in mano il caso dopo la scomparsa del padre – seguirà una comparazione con i profili genetici degli indagati tecnici». Se da questa fase dovessero emergere dei riscontri allora il caso entrerà nel vivo con l’apertura di procedimenti nei confronti degli indagati. Il legale è fiducioso: «È verosimile che i reperti custodiscano tracce preziose che con i moderni strumenti a disposizione potranno riemergere».

Le tappe. Il 1 marzo si è svolto l’incidente probatorio alla presenza dell’avvocato Francesca Corsi e dei difensori dei 16 indagati, quasi tutti appartenenti al foro di Nuoro. Per Matteo Boe, il cui avvocato di fiducia è Annarita Mureddu, c’era il legale Valerio Flocco di Bologna. Nell’occasione il gip ha conferito ad un medico legale il compito di compiere analisi genetiche su tutto il materiale lasciato dai rapitori che la vittima aveva con sé quando fu rilasciata. Successivamente, a fine aprile, il gip ha nominato un collegio peritale, considerata la mole e la complessità del lavoro. A metà maggio c'è stato il primo incontro tra gli esperti. La prossima udienza si terrà il 25 ottobre.

Il rapimento. Due nomi ricorrevano all’epoca del sequestro di Silvana Dall’Orto. Entrambi di banditi sardi. Voci mai confermate suggerivano la presenza nella banda di Matteo Boe e di Mario Moro, coinvolto nel sequestro Soffiantini e morto nel 1998 alcuni mesi dopo lo scontro a fuoco con i Nocs nel quale perse la vita l’ispettore Samuele Donatoni. Le indagini non portarono a nulla e furono segnate da pesanti dissidi tra la procura e la famiglia della sequestrata. Il marito della donna riuscì infatti a stabilire un contatto con i rapitori ai quali pagò il riscatto. Subito dopo Silvana Dall’Orto venne arrestata con l’accusa di tentata estorsione: la procura ipotizzò che fosse complice dei rapitori, tra i quali c’era «un uomo alto con gli occhi di ghiaccio». Accuse infondate. Ma sul sequestro calò il silenzio. Nove anni fa la Dall’Orto chiese di riaprire le indagini, un anno e mezzo fa saltò fuori il borsone pieno di reperti. Si riparte. Con nuove ombre che si allungano in Sardegna, verso la casa di Matteo Boe. Appena liberato e di nuovo nei guai.

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