La Nuova Sardegna

I giorni del golpe di Doddore Meloni nel racconto dell’ex “ministro”

di Claudio Zoccheddu
I giorni del golpe di Doddore Meloni nel racconto dell’ex “ministro”

Bruno Delussu era il confidente di Doddore a Malu Entu. Nelle memorie il fratello Tabet e il sequestro di due militari

08 luglio 2017
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Verso la fine dell’estate del 2008 a Mal di Ventre faceva caldo. I primi giorni della Repubblica di Malu Entu furono riscaldati da un sole implacabile. La tregua notturna abbassava la temperatura ma dormire era difficile al punto che Doddore Meloni iniziò a tramandare le sue memorie a uno dei seguaci più giovani, lo stesso ragazzo che il vecchio leader nominò, poi, ministro degli Esteri. E l’ex “ministro” Bruno Delussu ha deciso di raccontare quello che sarebbe dovuto diventare un libro prima che la morte di Doddore scombussolasse i piani.

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:site:1.15590710:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/image/contentid/policy:1.15590710:1653454283/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

Gli X-Files di Doddore. È un racconto che rivela i giorni del golpe separatista programmato per la notte di Natale del 1978. «Passavamo ore a chiacchierare – ricorda Delussu – io domandavo, lui rispondeva. Quello che si diceva del golpe era tutto vero ma molti dettagli non sono stati raccontati». La storia che ne viene fuori è la descrizione di un uomo pronto a tutto pur di realizzare il suo obiettivo: «Doddore aveva progettato un piano dettagliato con un amico di Bosa, di cui però non mi ha rivelato il nome ma diceva sempre che Bainzu Piliu non c’entrava nulla. L’idea era cavalcare l’onda indipendentista alzato dal Psd’az verso la fine degli anni 70 – continua Delussu – Decisero di fare un golpe sfruttando il braccio armato del loro movimento, ovviamente dopo che si erano allontanati dal Psd’Az. Potevano contare su un esercito di trecento sardi addestrati nei campi paramilitari libici, insieme a palestinesi e brigatisti. Era gente pronta a tutto». Il motivo per cui Doddore fosse così vicino alla Libia è una rivelazione: «Aveva un fratello di sangue nelle truppe di Gheddafi, si chiamava Tabet. Era lui il contatto con il Colonnello». Raggiungere la Libia, poi, era semplice: «Doddore si occupava di trasporti, aveva un ufficio a Genova e dal porto ligure imbarcava i suoi mezzi verso Bengasi. Alla guida c’erano i suoi “soldati” che riuscirono a contrabbandare in Sardegna un carico di armi che il padre nascose subito dopo l’arresto».

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:site:1.15590708:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/image/contentid/policy:1.15590708:1653454283/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

I rapporti con Gheddafi. Tra Doddore e il Colonnello scorreva buon sangue, perlomeno secondo Bruno Delussu: «Quando Doddore si addestrava in Libia sentiva ripetere tutti i giorni i versi del “Libro verde” che racchiudeva il pensiero politico di Gheddafi». Un testo che nei campi di addestramento nascosti nel deserto valeva quanto il Vangelo di cui Doddore conservava una copia particolare, quasi una prova: «Era autografata da Gheddafi perché mi raccontò di averlo incontrato e di aver ottenuto il suo appoggio».

Golpe e sequestri. L’obiettivo era la caserma della Brigata Sassari, a Macomer: «Volevano conquistarla la notte di Natale per poi interrompere la linea ferroviaria e aspettare la reazione dei sardi – racconta Bruno Delussu –. Erano convinti che la gente sarebbe stata con loro. Avevano l’appoggio di Libia e Somalia ed erano pronti a ricattare lo Stato italiano che, secondo Doddore, sarebbe sceso a patti». La sicurezza era giustificata dal mazzo di carte in mano ai golpisti: «C’era stato l’attentato alla sede della Tirrenia ma anche un blitz, mai rivendicato, dentro la base di Decimomannu. Doddore e suoi sabotarono diversi aerei da combattimento». Secondo Bruno Delussu gli indipendentisti erano pronti anche a far sparire alcuni militari: «Si trattava di due tecnici americani che lavoravano in una delle basi in Sardegna. Era tutto pronto, li avevano individuati e Doddore aveva già fatto la spesa in un supermercato di Sanluri dove aveva acquistato i generi necessari alla sopravvivenza degli ostaggi. Non gli avrebbero torto un capello, erano le pedine di un ricatto. Sarebbero stati nascosti nella miniere del Sulcis fino a quando la Sardegna non avrebbe guadagnato l’indipendenza».

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:site:1.15590711:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/image/contentid/policy:1.15590711:1653454283/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]

Il fallimento. Il piano aveva diversi punti deboli, tra cui il numero di persone che ne erano a conoscenza. Fu proprio uno dei seguaci a tradire il silenzio che nascondeva il complotto separatista: «Saltò tutto quando fu arrestato Giampaolo Pisanu – ricorda il giovane ex ministro –. Lui era un militare ma non seppe dare spiegazioni plausibili quando venne trovato in possesso di una carica esplosiva. Durante un interrogatorio fece i nomi dei suoi compagni dando il via alle indagini che portarono all’arresto di Doddore e al tramonto del sogno indipendentista». Un’idea per cui Doddore era pronto a tutto.


 

In Primo Piano
Disagi

Alghero, tre passeggeri lasciati a terra per overbooking da Aeroitalia

di Massimo Sechi

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

Le nostre iniziative