La Nuova Sardegna

I veleni dell’industria e i ricatti per il lavoro

Gli impianti dell'Euroallumina
Gli impianti dell'Euroallumina

L'OPINIONE - Il caso Eurallumina è emblematico: la sua superficie sarà incrementata di 20 ettari, poco importa se aumenteranno anche i nocivi fanghi rossi

08 luglio 2017
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Qualche anno fa, dal finestrino di un aereo a destinazione Cagliari Elmas, fu quasi uno spettacolo vedere due enormi chiazze rosse tra il blu del mare e i colori verdi e bruni della terra. Le chiazze, guardandole meglio erano due bacini di liquido rosso che mi richiamavano alla mente gli esotici fiumi Giallo e Rosso della Cina e del Vietnam; subito però rimosse dalla realtà che mi facevano vedere per la prima volta i famosi fanghi rossi dell’Euroallumina, ossia gli scarti della produzione.

Per quasi un anno ho lavorato a Carloforte e settimanalmente Portovesme e dintorni li attraversavo tra meandri di gole, miniere abbandonate, costoni sanguinanti e archeologie industriali vecchie di secoli e decenni. L’evoluzione dell’industria estrattiva ha portato a Portovesme l’Euroallumina, l’unico impianto produttivo nel Mediterraneo (e tale ubicazione appare distratta, disinteressata e perfida). Di tante cose non ci rendiamo conto; d’altronde ci vengono calate dall’alto in nome dello sviluppo e dei posti di lavoro, ignari delle conseguenze.

È così col petrolchimico di Porto Torres e Ottana e con i poligoni militari. E tutto si ripropone, col rilancio di Portovesme o l’industria verde della Nurra. Il “Noi non sapevamo” di Bachisio Bandinu continua a perseverare nella nostra immobile indifferenza. Con il protocollo d’intesa dell’8 febbraio 2017 tra la Regione, i suoi assessorati della “difesa” dell’Ambiente, Enti locali, Salute, Industria, Lavori pubblici, Comune di Portoscuso, Asl di Carbonia, Parco Geominerario, Vigili del fuoco della Provincia Sud Sardegna, Enel, Prefettura, ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo economico ecc., nonché il placet di tutti i sindacati, in nome di un progetto di ammodernamento della raffineria viene consentito di incrementare di 20 ettari la superficie e di innalzare del 74% la quota attuale del muro di contenimento degli scarti, ossia sino ad un’altezza di 46 m slm.

Il Sovrintendente di Cagliari Martino è stata l’unica voce a contrastare tale intenzione. Mi son preso la briga di comprendere meglio l’entità di tali scarti industriali velenosi. La superficie dei due bacini corrisponde a 150 campi di calcio e 46 m corrispondono ad un palazzo di 15 piani: 45 milioni di mc. Forse ciò rende meglio l’idea. Siamo a ridosso di aree Sic, l’agricoltura nelle zone limitrofe è proibita, per l’energia elettrica vi sarà ulteriore inquinamento prodotto dalle centrali a carbone e vogliamo ancora parlare di sostenibilità? Quando ritroveremo quella leggerezza che un giorno avevamo passando sulla terra, come con tanta dolcezza ci ha raccontato Sergio Atzeni? Ritrovando l’amore per la terra che regaliamo per trenta denari a industrie inquinanti, a speculatori insensibili, ad usi militari dannosi e talvolta inutili.

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