La Nuova Sardegna

Scanu: un mondo con troppi rischi

Scanu: un mondo con troppi rischi

Il deputato Pd: tra i militari la sicurezza sul lavoro non è garantita come dovrebbe

20 luglio 2017
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SASSARI. La battaglia per arrivare a una verità sull’uranio impoverito ha il nome e cognome di Gian Piero Scanu. È stato lui, prima da semplice deputato poi da presidente della Commissione d’inchiesta, a lavorare per riscrivere una pagina del Paese con troppe lacune. «Questa Commissione ha inteso superare il dibattito, tra colpevolisti e negazionisti, che si è sviluppato nello svolgimento delle precedenti inchieste – spiega il deputato del Pd –. Quando si pensa al mondo delle Forze armate si pensa che il rischio sia una componente ineliminabile. Invece dai lavori di questa Commissione emerge che nelle Forze armate ci si ammala e si muore non solo per la presenza di fattori di rischio, che esistono in tutto il mondo del lavoro, ma perché la sicurezza sul lavoro non viene garantita come dovrebbe. E in alcuni casi la scarsa attenzione alla prevenzione dei rischi può comportare ricadute anche per la popolazione che vive intorno ai poligoni militari, o che li frequenta nei momenti in cui non sono in corso esercitazioni». Di qui la richiesta di un vero e proprio monitoraggio sui poligoni. «Occorre colmare una vera e propria lacuna normativa – spiega il parlamentare olbiese –. Le attuali leggi vanno integrate con un piano di monitoraggio del territorio di insediamento del poligono e della fascia esterna interessata dalle esercitazioni e dall’addestramento, l’obbligo per ciascun comando di predisporre un documento di monitoraggio, l’approvazione della Regione e dei comuni interessati e l’istituzione di un Osservatorio ambientale regionale».

Tra i cavalli di battaglia della commissione Scanu è il trasferimento della giurisdizione a un organo terzo quale l’Inail. «Non può continuare una situazione in cui il controllore è gerarchicamente subordinato al controllato – dice Scanu –. Questo punto ha già trovato una autorevole conferma in una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato lo Stato italiano proprio perché a valutare le richieste di un militare di leva erano stati solo e soltanto organismi militari o a prevalente presenza di ufficiali medici delle forze armate. Un riconoscimento delle istanze assicurative che arriva dopo 8-10 anni è già un’ingiustizia. L’Inail ha le carte in regola per svolgere anche per i militari, attraverso la cosiddetta gestione per conto, già attivata per le altre amministrazioni dello Stato, la funzione che svolge per tutti gli altri lavoratori, indipendentemente dalla professione e dalla personalità giuridica del datore di lavoro».

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