La Nuova Sardegna

Uno dei banditi imprecava con cadenza campidanese

di Mauro Lissia
Uno dei banditi imprecava con cadenza campidanese

Il racconto di una guardia mette in dubbio la posizione degli imputati ogliastrini La ricostruzione dei colpi all’Emmezeta di San Sperate e sulla strada di Irgoli

20 luglio 2017
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CAGLIARI. «Andavamo verso Siniscola, quando un camioncino è sbucato dalla campagna. È stato un attimo, si è messo di traverso mentre due persone armate di fucile sparavano verso di noi. Restava uno spazio nella carreggiata, ho provato a passare ma alla fine ci siamo schiantati sul guardrail»: a raccontare quei secondi drammatici vissuti il primo dicembre 2011 è stato Giovanni Antonio Bua, il conducente del blindato portavalori della Vigilanza Sardegna assaltato sulla strada di Irgoli come fosse una diligenza nel far west da una banda di rapinatori, per l’accusa formata da Giovanni Olianas, Luca Arzu, Angelo Demontis e almeno altre quattro persone rimaste sconosciute. E’ stata quella manovra disperata, quel tentativo di aggirare l’ostacolo a far saltare la rapina, ma sono rimaste le lesioni patite dallo stesso Bua, dal caposcorta Giuseppe Mario Coi e dalla guardia portavalori Mario Marteddu, letteralmente volato dentro la cabina fratturandosi entrambe le clavicole. Mentre le banconote destinate alle banche di Siniscola e San Teodoro sono rimaste al chiuso del furgone, sigillate dallo schiumablocco. Bua e Coi sono stati sentiti come testimoni oculari dal pm Danilo Tronci davanti al tribunale presieduto da Ermengarda Ferrarese. La loro ricostruzione coincide fino ai dettagli: «Eravamo al chilometro 84, erano le sette e mezzo. Ho visto due fiammate, colpi d’arma da fuoco – ha riferito Bua - ma il blindato non è stato colpito». Coi ha notato due uomini vestiti con mimetiche e passamontagna, pronti ad assaltare il furgone se si fosse fermato davanti all’ostacolo. Alla fine hanno dovuto desistere per via di quella reazione che ha provocato l’incidente. Dopo sono arrivati automobilisti, potenziali quanto pericolosi testimoni di quanto stava accadendo. Così la banda si è squagliata sulle automobili rubate.

Prima del tentativo fallito di Irgoli il tribunale ha esaminato il colpo messo a segno il 4 luglio 2005 al supermercato Emmezeta di San Sperate e qui la difesa si è aggiudicata un punto: uno dei componenti il commando - l’unico sotto accusa è Olianas, gli altri banditi non sono stati identificati - ha lanciato un’imprecazione («tagazzu sa sirena») che non ha nulla a che fare coi dialetti della Barbagia e dell’Ogliastra. A riferirlo è stato uno dei vigilantes presi in ostaggio, Massimo Spano: alla richiesta dell’avvocato Francesco Lai il testimone ha confermato il dettaglio, che farebbe entrare il gioco un rapinatore campidanese, esterno alla banda Olianas oppure - nell’ottica difensiva - metterebbe in dubbio la posizionedegli imputati ogliastrini. Per il resto i testimoni - il custode Pierpaolo Spiga, il figlio Mauro Spiga e la moglie Rosa Maria Giglia - hanno ribadito i passaggi dell’episodio: i malviventi hanno immobilizzato tutta la famiglia usando nastro adesivo da pacchi, quindi costretto Pierpaolo Spiga a farli entrare nel supermercato. Con la fiamma ossidrica hanno forzato la cassaforte e un registratore di cassa. Il bottino: quindicimila euro.

L’esame dei fatti non ha sopito il confronto aspro tra accusa e difesa. Gli avvocati Leonardo Filippi, Herika Dessì, Carmelino Fenudi, Francesco Marongiu e via via gli altri hanno protestato ancora una volta perché agli atti del procedimento non si trovano i verbali delle dichiarazioni rese in istruttoria dai testimoni e le relazioni di servizio della polizia giudiziaria: «Senza quelli - hanno detto - non siamo in grado di fare il controesame». Nel pomeriggio il pm Tronci ha deciso di tagliare corto e ha rinunciato alle testimonianze degli agenti di polizia. Si va avanti lunedì prossimo.

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