La Nuova Sardegna

Ecco l’acino nuragico del 1200 A.C.

Ecco l’acino nuragico del 1200 A.C.

OLBIA. Sta adagiato dentro la sua teca nell’aeroporto di Olbia, segno di un passato che resta impresso nella storia, oltre che nelle sue suggestioni. È quello che viene definito “l’acino nuragico”,...

22 luglio 2017
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OLBIA. Sta adagiato dentro la sua teca nell’aeroporto di Olbia, segno di un passato che resta impresso nella storia, oltre che nelle sue suggestioni. È quello che viene definito “l’acino nuragico”, appassito e carbonizzato, risalente intorno al 1200 A.C., con due vinaccioli: è stato rinvenuto in una capanna del nuraghe Adoni, a Villanovatulo, tra il 1997 e il 2004, dagli archeologi Franco Campus, Valentina Leonelli e Mario Sanges.

«Viene spesso indicato come l’acino più antico in Sardegna, anche se non possiamo dire molto in quanto il Dna risulta danneggiato – spiega Gianni Lovicu, ricercatore di Agris Sardegna durante l’incontro all’aeroporto di Olbia –. Possiamo certamente confermare che si tratta di un vitigno coltivato in epoca nuragica, anche se non esistono vitigni nuragici realmente identificabili».

Il valore scientifico sta in un dato ormai ampiamente acquisito, quello che assegna alla Sardegna la vite selvatica più antica e meglio conservata al mondo.

«In epoca nuragica esisteva dunque un’industria fiorente legata al vino, confermata dal ritrovamento a Sa Osa di vasche in pietra usate come “locus” per la produzione di una vernaccia a uva bianca – spiega ancora Gianni Lovicu -. Parliamo di un’industria vitivinicola florida, con i nuragici che erano già avanti per quanto riguarda le tecniche di coltivazione delle uve».

Le analisi della dimensione della bacca condotte dagli esperti mostrano la presenza nel germoplasma delle cultivar sarde, di elementi coltivati che hanno una dimensione di bacca vicina a quella delle viti selvatiche: questo fatto conferma la presenza di uva da vino e uva selvatica in Sardegna già dal 1200 A.C.

È questa infatti la datazione stabilita per l’acino nero contenuto nella teca in mostra a Olbia e fatta dai ricercatori di Agris per conto della Soprintendenza dei beni archeologici della Sardegna.

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