La Nuova Sardegna

Omicidio a San Teodoro, parla il papà di Erika: «Dimitri è un mostro»

di Gianna Zazzara
Omicidio a San Teodoro, parla il papà di Erika: «Dimitri è un mostro»

Fabrizio Preti: «Per noi era un figlio, invece ha ammazzato la nostra bambina»

26 luglio 2017
3 MINUTI DI LETTURA





NUORO. «Sapevamo che Dimitri non stava bene. A volte aveva sbalzi d’umore. Ma certo non avrei mai potuto immaginare che si sarebbe trasformato in un mostro. Se avessi capito una virgola di quello che stava succedendo a Dimitri, forse Erika sarebbe ancora viva». La voce è bassa, quasi un sussurro al telefono. Fabrizio Preti, il papà di Erika, la 28enne di Biella barbaramente uccisa dal suo fidanzato in una villetta a Lu Fraili poco più di un mese fa, mentre preparava i panini per una gita in gommone all’isola di Tavolara, fatica ancora a pronunciare la parola “assassino”. «Per noi era come un figlio, festeggiavamo il Natale insieme a lui e ai suoi genitori. Erika e Dimitri si sono fidanzati quando erano appena adolescenti e in questi dieci anni li abbiamo visti crescere. Ancora non riesco a crederci. Quando la settimana scorsa il nostro avvocato, Lorenzo Soro, ci ha detto che secondo gli inquirenti non c’erano più dubbi, io e mia moglie siamo crollati».

«Dimitri non era lucido». Ora la mente del papà di Erika cerca giustificazioni. «Se solo avessi capito, se solo Erika mi avesse chiesto aiuto». Invece niente. L’unico pensiero di Erika era quello di aiutare il fidanzato. «Dimitri negli ultimi tempi non era lucido. Sapevamo che negli ultimi tempi aveva anche visto uno psichiatra. Ma Erika non ci aveva detto che le sue condizioni erano peggiorate. Non ne aveva parlato neanche con le amiche. Anzi cercava di spronarlo a uscire, ad andare al cinema, a incontrarsi con gli amici. Ma ormai era solo Erika ad organizzare tutto. Anche l’ultima vacanza a San Teodoro. Ma lei era così, un vulcano: solare e piena di amici».

Il collezionista. Dimitri negli ultimi tempi aveva la mania del collezionismo. «Aveva delle vere e proprie manie. Un mese collezionava portacenere e ne comprava a centinaia. Un altro mese si fissava coi pennelli da barba, e ne comprava a centinaia». Ma la mania più strana – e pericolosa – era quella per le lame da barbiere e per i coltelli. «Li cercava ossessivamente anche nei mercatini di provincia – racconta Fabrizio Preti – Ma non ci abbiamo mai dato peso. Ci fidavamo di quel ragazzo».

Coltelli e rasoi. Il papà di Erika si è invece reso conto di quanto fosse pericolosa la mania di collezionare coltelli e rasoi quando la settimana scorsa è entrato, per la prima volta dopo la sua morte, nella casa di Biella che Erika condivideva con Dimitri. «Convivevano da 5 anni in una casa che io avevo regalato ad Erika – racconta il papà – Sono dovuto andare perché i genitori di Dimitri mi hanno chiesto di riavere i vestiti e gli oggetti personali del figlio. Loro non ho avuto il coraggio di incontrarli, le scatole le ho date al fratello di Dimitri». Ma quello che ha sconvolto il papà di Erika – e anche i carabinieri di Biella che lo hanno accompagnato – è stato scoprire decine di valigette piene di centinaia di coltelli e rasoi. «È stato un choc».

La villetta dell’orrore. Come è stato uno choc entrare nella villetta di San Teodoro, dove Erika è stata uccisa. «C’era un caos totale, mobili rovesciati, sangue in terra e sulle pareti. Sangue in sala e in cucina: sicuramente, dopo averla colpita la prima volta, Erika è scappata, lui l’ha raggiunta e l’ha colpita di nuovo. In quel momento ho capito che era stato Dimitri. Un ladro non avrebbe infierito così su una persona sconosciuta». «Come ha potuto ammazzarmi così la mia bambina? Non lo perdonerò mai – dice tra le lacrime Fabrizio Preti – Chiedo giustizia per Erika. E provo vergogna per gli avvocati di Dimitri che hanno addirittura chiesto che gli venissero concessi i domiciliari. È l’ennesima violenza contro Erika».



In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative