La Nuova Sardegna

Piccole, fresche e dolci L’estate delle angurie 2.0

di Claudio Zoccheddu
Piccole, fresche e dolci L’estate delle angurie 2.0

Esplode il fenomeno del prodotto baby che pesa tra due e tre chili Risponde alle esigenze delle famiglie moderne sempre meno numerose

06 agosto 2017
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ORISTANO. Piccolo è bello. E buono. Da qualche anno sugli scaffali dei supermercati è possibile acquistare la versione futurista di uno dei frutti dell’estate: l’anguria. Le novità si chiamano Cocomerillo e Gavina, sono prodotte da due aziende dell’Oristanese e hanno diverse caratteristiche in comune: sono piccole, il peso massimo non supera i 2,5/3 chili, sono molto gustose e sono il frutto – è proprio il caso di dirlo – di una scelta commerciale maturata con l’osservazione dell’evoluzione dei nuclei familiari.

Gavina è il prodotto di punta dell’Orto di Eleonora, l’organizzazione di produttori con più soci in tutta l’isola che ormai è una realtà affermata anche dal punto di vista commerciale. Cocomerillo è invece l’ultimo nato di un’azienda più piccola, quella dei fratelli Manunza di Cabras, che ha lanciato il suo prodotto pochi mesi fa e ha già raccolto il favore dei consumatori che hanno addentato la piccola anguria del Sinis. Una dimostrazione, casomai ce ne fosse bisogno, che spesso non è la dimensione dell’azienda a fare la differenza ma la passione e la perseveranza di chi ha il coraggio di provare una nuova avventura pur senza abbandonare le produzioni classiche dell’agricoltura isolana.

Gavina. Se fosse un hashtag sarebbe il trend topic dell’estate dei fruttivori di tutta la Sardegna e non solo perché Gavina è un marchio che viene esportato nel resto d’Italia e all’estero. Piccola, dolcissima e senza semi, l’anguria coltivata per la maggior parte nelle campagne di San Nicolò d’Arcidano è una star degli scaffali: «È un prodotto che sta andando benissimo – conferma Salvatore Lotta, direttore commerciale dell’Orto di Eleonora –, nonostante la produzione per il 2017 sia stata aumentata del 50 per cento non riusciamo a soddisfare le richieste dei consumatori». Duecento ettari di campi, divisi tra San Nicolò d’Arcidano (70 per cento), Terralba e Sanluri, non bastano: «L’anno prossimo aumenteremo le coltivazioni anche perché ormai esportiamo in tutta Italia e anche all’estero – aggiunge Lotta prima di spiegare il successo del prodotto –. È croccante, dolcissima e di piccole dimensioni, un aspetto che la rende appetibile in un mercato che ormai è cambiato perché non ci sono più le famiglie di una volta, quelle di oggi sono meno numerose e ci sono anche molti single». Gavina, poi, è un nome particolare: «L’ha scelto mia moglie – conclude Salvatore Lotta –. È un nome tipico diffuso e nell’isola che serve proprio per identificare la provenienza di un prodotto coltivato in Sardegna».

Cocomerillo. Anche in questo caso il nome è frutto dell’inventiva femminile: «L’ha inventato mia figlia Eleonora che ha sette anni – spiega Massimo Casula, proprietario insieme al fratello Salvatore dell’azienda agricola di famiglia –. Mi è piaciuto perché sintetizza due concetti, la varietà della nostra anguria e la striatura sulla buccia. Il marchio che abbiamo scelto, realizzato dalla fumettista Bettina Brovelli e dal grafico Valter Mulas, è integrato dalla dicitura “Anguria del Sinis” perché il consumatore deve sapere che il Cocomerillo arriva da Cabras e che ha le qualità dei prodotti di una terra ideale per questo tipo di coltivazione». Cocomerillo si può acquistare in due formati, quello “baby” è il più piccolo ed è destinato al consumo dei nuclei familiari meno numerosi. L’anguria con la buccia da alligatore è una nuova entrata nel mercato isolano: «La vendiamo dall’inizio dell’estate ma siamo già soddisfatti perché ha avuto un ottimo impatto sui consumatori e per questo dal prossimo anno allungheremo il periodo di produzione – annuncia Massimo Manunza. Ma l’anguria striata del Sinis non sarà l’unico prodotto innovativo che arriverà da un’azienda che ha deciso di puntare sul marketing per piazzare i suoi prodotti: «Cocomerillo è il primo tassello di un mosaico che ha il compito di associare la qualità alla riconoscibilità. Da ora in avanti tutto quello che produrremo avrà un marchio riconducibile alla nostra azienda – conclude Manunza–. Che siano patate, lenticchie, fagioli o grano non cambia nulla perché al giorno d’oggi la qualità non basta, serve qualcosa di nuovo per sfondare». Qualcosa come un dolcissimo cocomero-coccodrillo dal marchio accattivante e dal sapore inconfondibile.

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