La Nuova Sardegna

«Così siamo sopravvissuti con Salvatore nell’anima»

di Daniela Scano
«Così siamo sopravvissuti con Salvatore nell’anima»

Bonnanaro, il tragico incidente 13 mesi fa: la mamma racconta il calvario e la nuova nascita

20 agosto 2017
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BONNANARO. «Come si fa a uscire da un dolore così? «Non se ne esce ed è giusto. Se non lo provassi, mi sembrerebbe di avere dimenticato mio figlio». Angela stringe al petto il piccolo Davide, nato poche settimane fa, e parla con dolcezza infinita del primogenito Salvatore. Non dice mai “morto”. «So bene che non è più fisicamente con noi, ma io e suo padre lo sentiamo accanto». Angela Raga, 32 anni, è un miracolo della forza di volontà che serve per sopravvivere a una tragedia sconfinata prima di decidere che sopravvivere non è sufficiente. Bisogna vivere.

Questa è la storia di una nascita e di una rinascita che sono state rese possibili dall’amore incrollabile di una giovane coppia e dalla potenza taumaturgica del calore umano sprigionatosi da una collettività di familiari, compaesani, colleghi e amici. Una comunità che ha stretto un cordone di affetto intorno a una coppia colpita dalla tragedia più atroce che possa travolgere due genitori: la morte di un figlio. Angela ha accettato di raccontare la sua storia «per aiutare altre persone che stanno male».

Salvatore Sotgiu avrebbe compiuto cinque anni ieri. Il 29 luglio del 2016 morì nell’auto guidata dal padre Daniele, 37 anni. Era sera, tornavano a casa per preparare la cena prima che Angela rincasasse dopo il turno del suo lavoro di commessa in un negozio Eurospin di Sassari. Salvatore andava pazzo per quei giretti in macchina “tra uomini” con il suo babbo. Accadde tutto in un istante, in un rettilineo a pochi chilometri dal paese. L’auto di Daniele sfiorò la enorme ruota posteriore di un trattore e lui provò a mantenerla in carreggiata mentre l’orizzonte impazziva. Ci riuscì ma quando si voltò verso suo figlio, che era legato nel seggiolino, si rese conto che il suo sforzo era stato vano. I sussulti e gli ondeggiamenti violenti dell’automobile avevano spento la vita del bambino.

L’inchiesta giudiziaria ha stabilito che Daniele non era ubriaco al volante e che non andava a tutta velocità, come si disse in un primo momento. L’auto viaggiava venti chilometri sopra il limite. L’incidente fu una serie di spaventose coincidenze.

A Bonnanaro conoscevano tutti quel piccolino solare e socievole, per la sua scomparsa ci fu un lutto collettivo che però tirò fuori il meglio di tutti. «Per tre mesi c’è sempre stato qualcuno con noi – racconta Angela –. Chi portava l’acqua, chi da mangiare, chi passava semplicemente per un saluto. Una solidarietà allucinante». Quella era ancora la fase della sopravvivenza, quando la rinascita sembra un oltraggio alla memoria. Dopo Salvatore – spiega la sua mamma – per lei e per Daniele c’era il nulla.

Angela e Daniele hanno affrontato insieme il loro calvario. «Dei giorni successivi l’incidente ricordo la disperazione assoluta e la rabbia, una rabbia incredibile e distruttiva _ spiega lei, mentre lui ascolta silenzioso _. Io e Daniele siamo rimasti sempre uniti. Lo so che dopo tragedie simili altre coppie si sono perse oppure sono implose nella disperazione. Io e Daniele no, lo abbiamo fatto per Salvatore. Ho accettato subito di farmi aiutare da uno specialista e vorrei che tutti capissero l’importanza di un aiuto psicologico di fronte a traumi devastanti. Però i farmaci mi hanno solo aiutata. A salvarmi è stata principalmente la fede in Dio, che ho riscoperto dopo la tragedia. E poi l’amore di Daniele, la solidarietà dei nostri familiari, l’affetto delle nostre comunità e la fratellanza dei miei colleghi che si sono comportati come una seconda famiglia». Un’altra persona alla quale Angela è profondamente grata è don Matteo Bonu, il parroco del paese, «che è stato fondamentale nella nostra storia per tutto il conforto che ci ha dato».

Il giorno del primo anniversario dell’incidente, Angela e Daniele sono andati in chiesa e all’uscita hanno avuto una sorpresa. «Sul sagrato c’erano centinaia di persone e al centro i compagnetti dell’asilo di nostro figlio. Salvatore avrebbe fatto salti di gioia. Lui era davvero un bambino molto speciale, forse addirittura troppo speciale». Sottintende «per restare tutta la vita con noi». Dopo tredici mesi il dolore è intatto, ma la disperazione ha lasciato un varco alla speranza.

Davide è nato il 10 luglio e ha gli stessi occhi del fratellino. «Lo speravo tanto _ si commuove la mamma _ perché ho l’impressione che continui a guardarmi». Il secondo figlio è arrivato appena lo hanno cercato. Come un dono o come una benedizione. I genitori non lo hanno voluto chiamare come il fratello. «Abbiamo preferito dargli il nome del mio, di fratello» dice Angela.

Nella scelta c’entra anche un sogno. Lo zio voleva un bene dell’anima al nipotino che lo adorava e lo chiamava Gaga. Gaga lo ha sognato una notte d’autunno del 2016. «Gli apparse trafelato – ricorda Angela –. Davide cercava di calmarlo e lui rispondeva “Gaga devo dire a mamma e babbo che sto tornando da loro” . Aspettavo già Davide ma ancora non lo sapevo». La nascita è stata un balsamo per tutti. Non un amore per sostituire, ma amore da aggiungere a quello che c’è. Una ripartenza con un figlio «tenendo sempre con noi il primogenito. Sono convinta che la distanza tra il nostro mondo e il Paradiso abbia lo spessore di una foglia».

L’ultimo ricordo di suo figlio vivo è lacerante: Salvatore sorridente che tende una manina verso un ramo, nel cortile della ludoteca dove lei l’aveva accompagnato il 29 luglio del 2016 prima di andare a lavorare. Lei da qualche giorno aveva un malumore cupo e irragionevole che non riusciva a spiegarsi. Quella mattina aveva affidato a malincuore il figlio alla educatrice, ma non era ripartita subito. «Sono rimasta a osservarlo per un po’ di nascosto mentre giocava sereno». Il dolore la invade e lei si lascia travolgere. «Accadrà tutti i giorni della mia vita».

Poi si riprende e culla Davide, il figlio che lei e Daniele aiuteranno a diventare adulto. Salvatore resterà per sempre il figlio bambino che ha aiutato i suoi genitori a tornare a vivere. Dal suo mondo distante lo spessore di una foglia.

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