La Nuova Sardegna

La guerra dei souvenir marchiati "Ajò in Sardegna" finisce in tribunale

di Claudio Zoccheddu
La guerra dei souvenir marchiati "Ajò in Sardegna" finisce in tribunale

Contenzioso tra un imprenditore veneto e i cinesi sul marchio. Sequestrati i palloni prodotti dalla Asia Trading Srl: «Concorrenza sleale» 

26 agosto 2017
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SASSARI. La differenza è minima ed è tutta nella gambetta della “j” di Ajò. Il pallone da volley prodotto da un imprenditore veneto e marchiato “Ajò in Sardegna” è finito al centro di un contenzioso tra la ditta individuale “Blugarda” di Antonio Oliviti, titolare del marchio, e la Asia Trading Srl registrata a Cagliari ma di proprietà di alcuni commercianti cinesi. La Asia Trading Srl, infatti, ha prodotto e distribuito una versione omologa della palla che differiva, come detto, nell’orientamento della “j” riportata nel marchio: nel senso giusto quella della Blugarda, nel senso opposto quella della Asia Trading Srl.

La guerra dei souvenir. La Sardegna, dunque, è poco più che una spettatrice della questione nata tra la ditta veneta e quella asiatica, ma registrata nell’isola. Lo scenario è quello dei negozi di souvenir – Blugarda produce con il marchio Ajo in Sardegna t-shirt, cappellini e altri oggetti tipici del mondo delle vacanze – che offrono ai tanti turisti che affollano l’isola un ricordo delle ferie o, come nel caso del pallone, uno strumento di svago da utilizzare durante le vacanze. Un mercato che rende e che spesso, purtroppo, è vittima della contraffazione. Le idee che funzionano vengono riprodotte in tutte le salse con un rispetto delle regole commerciali non sempre ineccepibile.

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Il contenzioso. È l’epilogo di una babele commerciale figlia del terzo millennio con una ditta veneta che registra il marchio “Ajò in Sardegna” e produce abbigliamento e oggettistica da rivendere ai turisti che vistano l’isola si ritrova a competere con un’azienda asiatica che ne riproduce il marchio, con tanto di bandiera dei Quattro mori, e immette sul mercato un oggetto molto simile, se non identico. L’intreccio non ha però divertito il titolare della Blugarda che, a luglio, ha visto la sua idea prendere la via dell’oriente senza che ne sapesse nulla. Olivito si è quindi rivolto al Tribunale di Cagliari attraverso i suoi legali e, nei giorni scorsi, ha ottenuto quello che cercava: «Questo provvedimento è particolarmente significativo perché, in pochissimi giorni, è stato tutelato il marchio “Ajò in Sardegna” attraverso l’ottenimento di un decreto emesso inaudita altera parte, ovvero senza nemmeno che il giudice prendesse in esame la difesa della controparte – dicono gli avvocati Ambra Tirapelle e Anna Sacquegna, legali di Olivito, che aggiungono – la soddisfazione è maggiore se si considera che la tutela ottenuta a favore del marchio di proprietà di Blugarda riguarda un settore, il merchandising turistico di massa, che di per sé gode di una tutela attenuata».

L’epilogo. Antonio Olivito è passato dalla preoccupazione di dover intraprendere una lunga battaglia legale alla soddisfazione di aver visto riconosciute le sue ragioni a tempo di record. Il sequestro delle merce contraffatta è datato 5 agosto, la prima udienza è del 10 mentre la sentenza è arrivata due giorni dopo : «È andate bene ma mi spiace che quel prodotto possa aver tratto in inganno qualcuno – ha detto l’imprenditore che ha sviluppato un feeling particolare con l’isola –. La frequento da anni e proprio durante i miei viaggi di lavoro per proporre la merce della mia ditta ho iniziato ad avere una certa familiarità con i termini più comuni della lingua sarda e ho avuto l’idea del marchio Ajò in Sardegna, che ho subito registrato. Sono un creativo e questa mi sembrava una buona idea da proporre sul mercato turistico».

Tra un Ajò e un Eja sono iniziati ad arrivare berretti, bandane, magliette, grembiuli, tappetini, tazze, bandiere, borse e anche profumi. Un lungo elenco che comprende anche il pallone da volley finito al centro del contenzioso .
 

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