La Nuova Sardegna

Aspio avvistato nel Coghinas? Parla l’esperto: «Difficile»

di Antonello Palmas
Un esemplare di aspio catturato in Francia
Un esemplare di aspio catturato in Francia

Antonio Varcasia, ricercatore dell’ateneo di Sassari, esclude la presenza del predatore nel lago

11 settembre 2017
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SASSARI. Antonio Varcasia, ricercatore della facoltà di Veterinaria dell’ateneo di Sassari e grande esperto di pesca sportiva (cura la consulenza di alcune trasmnissione su Pesca tv, Sky) è rimasto sorpreso nel leggere sulla Nuova la notizia del possibile avvistamento di un aspio da parte di un pescatore sul lago del Coghinas. Si tratta di una specie non autoctona e piuttosto aggressiva.

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«Insieme a tanti altri esperti, escluderei che si tratti di un aspio – afferma –, al 99% direi che è un persico trota». Ovvero una specie molto diffusa nello specchio acqueo del Monte Acuto e la cui presenza attira pescatori anche dal nord Europa. «Il fatto singolare è che nessuno sinora ha mai catturato un aspio – spiega Varcasia – e siccome nel Coghinas la pesca sportiva è molto sviluppata, stiamo certi che se ciò fosse accaduto la notizia si sarebbe sparsa nell’ambiente. L’aspio può vivere nei laghi, ma è più adatto alle zone fluviali, ha bisogno di corrente.

Se così fosse, come può essere avvenuta l’introduzione di una specie aliena? «Non dai pescatori sportivi di oggi – risponde Varcasia –, che praticano tutti la loro passione in maniera civile ed ecocompatibile: addirittura liberano i pesci catturati (filosofia del catch & release, cattura e rilascia). È quindi un errore pensare che l’introduzione eventuale di una nuova specie sia da attribuire a loro, che non utilizzano esche naturali e vive (fatto che avrebbe potuto favorire l’ingresso nel lago di avannotti di specie aliene, ndc) ma esche finte. Il fenomeno era vero in passato, una decina di anni fa, quando notoriamente dal Modenese giungevano gruppi di bracconieri con tanto di camioncini-frigo e in due-tre giorni depredavano il possibile per poi ripartire e vendere il pescato sul mercato nero. Se ne occupò anche la Nuova, i rischi per la fauna del Coghinas erano alti e quei comportamenti, che per fortuna ora sono quasi scomparsi grazie anche al controllo operato dei pescatori coscienziosi e da chi (ristoranti, agriturismo, addiritture guide di pesca per turisti) vive dall’attività sportiva sul lago, potevano effettivamente portare all’introduzione di nuove specie».

D’altra parte – sottolinea lo studioso – in Sardegna solo un lago è naturale, gli altri sono tutti artificiali e i pesci che vi si pescano sono stati introdotti. Solo trota macrostigma e anguilla sono autoctone. «Gli ecosistemi così creati dopo 40 anni sono ormai considerati naturali ed è giusto stare attenti al loro equilibrio. Il pesce persico trota ad esempio fu introdotto negli anni Sessanta, e si tratta di una specie proveniente dalla Florida. Così come sono alloctoni il gambero della Louisiana, ma anche le tinche e le carpe che vengono dalla Russia. Teoricamente sarebbe possibile liberare avannotti di aspio, è già successo con altre specie. Ma qui nessuno l’ha mai visto».

Se fosse vero che c’è l’aspio nel Coghinas? «È un predatore che ha la stessa taglia del persico trota, potrebbe entrare in competizione senza prevalere: piuttosto occorrerebbe guardarsi da malattie e parassiti. Non è certo come il pesce siluro introdotto nel Po, che per le sue caratteristiche crea davvero problemi». Dieci anni fa fu introdotto illegalmente il luccio in alcuni bacini del sud Sardegna: «Chi lo fece, compiendo un reato – rileva Varcasia – gli fornì anche di che vivere introducendo contestualmente anche le scardole, che si riproducono molto velocemente. Si temevano problemi per la trota, ma in realtà fanno molti più danni gli umani che cercano di catturarle con le batterie elettriche o avvelenandole con l’euforbia». I veri guai li stanno combinando le tartarughe californiane: «Quelle regalate da piccole nelle giostre, che poi crescendo divengono ingombranti e che molti abbandonano nei laghi. Sono carnivore e si sviluppano in fretta, stanno scalzando la più piccola tartaruga palustre europea, di cui predano anche le uova. Chi le vede le porti al centro di Bonassai dove esiste un’area attrezzata per loro».

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